"Atri com'era nel 1583" è il titolo del libro di Claudio Angelozzi che invita ad una suggestiva passeggiata nella storia della città ducale

 di Marcello Maranella 

 

Quando si dice il caso e si apre un mondo insolito che non avresti mai immaginato. Recentemente ci siamo ritrovati ad Atri per rendere omaggio alla memoria di un comune e carissimo amico. Come spesso succede in tali circostanze si parla poco per paura di urtare le altrui suscettibilità o, forse, per timore di non indovinare il tasto giusto per avviare una conversazione plausibile dopo decenni di assoluto silenzio, in qualche caso ignari dei diversi percorsi esistenziali nel frattempo maturati. Poi, però, c'è sempre qualcuno che rompe gli indugi e ti chiede cosa fai, dove vivi, se hai ancora collegamenti con le tue radici.  Prima di concedarci e riprendere la via del ritorno a casa si avvicina Claudio e mi fa dono di tre libri. Due scritti da lui mentre l'altro è opera di uno studioso ispirata alle vicende dei suoi antenati, i Fedri, grandi organari per tre secoli di cui si era persa la memoria. 

Come se volesse dirmi con uno sguardo imperativo: tieni leggi! Ed è ciò che ho fatto spinto dalla curiosità degli argomenti trattati e dalla meraviglia di ritrovarlo narratore di complicate vicende della storia di Atri della seconda metà del 1500. Anche perchè di lui ricordavo il serio professionista nell'attività di geometra e l'accesa passione per la politica che lo portò negli anni ottanta a ricoprire la carica di sindaco a  Roseto degli Abruzzi. Rilevo dunque con piacere la sua particolare predisposizione per la scrittura e l'agile  dimestichezza nel trattare le fonti di cui è venuto in possesso infilandosi nei luoghi più autorevoli della cultura italiana.
A partire dalla Biblioteca Angelica di Roma, fondata nel 1604 dal vescovo agostiniano Angelo Rocca. "Fu la prima biblioteca aperta al pubbico", scrive Claudio Angelozzi in premessa al suo lavoro, "Raccoglie, oltre che libri, tanto altro materiale proveniente dall'immenso patrimonio dei frati Agostiniani, sparsi per secoli in Italia e nel mondo. Dal 1975 fa parte del Ministero dei beni culturali e ambientali". 

Tutto ha inizio con la scoperta di un disegno di Atri antica, forse l'unica rappresentazione della città ducale dell'epoca.  Claudio Angelozzi rimane affascinato dalla descrittione elaborata dal dottore in legge  Costanzo Probi,  membro di una delle più importanti famiglie atriane da cui deriva anche il vescovo Antonio Probi il quale, intorno al 1460, incarica Andrea De Litio di decorare il presbiterio del Duomo di Atri e Angelo Probi ambasciatore di Ferdinando l'Aragonese a Venezia. 

Sono questi i presupposti che animano la ricerca di Claudio Angelozzi fino a trasformarla in un volume di centocinquanta pagine stampato nel 2018 per le edizioni Hatria dal titolo  "Atri com'era nel 1583".  Nota interessante è che l'autore si trasforma in appassionato cronista sulle orme di Angelo Rocca che visitò Atri il 26 novembre 1583 nel suo itinerario di viaggio nell'Italia centrale, meridionale e in Sicilia...."un viaggio incredibile per quei tempi", annota l'autore di fronte ad un patrimonio documentale di 92 piante manoscritte e 187 descrizioni. In tale ambito emerge Atri ..."forse non ancora pienamente nell'era moderna e nel Rinascimento maturo, ma seriamente un pò attardata nel Medio Evo con i segni vistosi delle rovine dovute alle dispute e alle guerre interne ed esterne". 

Non scrivo altro sui contenuti per non privare il lettore di altre gradevoli sorprese se non per sottolineare due sfumature condivisibili abbozzate dall'autore. Da un lato egli non nasconde i caratteri distintivi dell'essere atriani, orgogliosi e testardi custodi della storia a cui appartengono, dall'altro avverte un turbamento strano mettendo in discussione la sua anima di laico impenitente. E lo fa senza infingimenti riconoscendo meriti e lungimiranze nei confronti di una istituzione cattolica come quella degli agostiniani da cui ha trovato massima disponibilità e aggiunge ...." conoscendo e sperimentando questi valori si può essere finalmente laici, separati e, sperando, reciprocamente rispettosi". 

Per concludere: molto significative la dedica della ricerca che Claudio rivolge all'archeologo siriano Khaled al - Assaad ucciso a Palmira dall'Isis e la prefazione firmata da Ezio Sciarra, già preside della Facoltà di scienze sociali dell'Università  "G.D'Annunzio di Chieti-Pescara, di origini atriane, naturalmente. Vi auguro una buona lettura!

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