GENTE DI TERAMO Macchinista per caso dietro le quinte del Cineteatro comunale: "Avventura esaltante vissuta accanto ai grandi del cinema e del teatro italiano" ricorda Franco Cavallin

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Marcello Maranella

Se lo incroci a Piazza Martiri non puoi sfuggire ai modi garbati del suo attaccar discorso tra battute spiritose e ricordi legati alla sua esperienza lavorativa nel Cineteatro comunale. In quel luogo, descritto amabilmente, Franco Cavallin ha trascorso gran parte dell'esistenza come operatore cinematografico e teatrale meritando il riconoscimento di Teramo Nostra alla 21esima edizione del Premio Internazionale della Fotografia Cinematografica Gianni Di Venanzo..."per aver contribuito al successo di tante opere", si legge nella motivazione del premio. 

Se c'è qualcuno che oggi può suggerire utili indicazioni ai progettisti incaricati della ristrutturazione del vecchio Comunale per quanto riguarda una moderna funzionalità degli spazi interni e dei servizi adeguati alle nuove necessità operative è proprio lui che ne ha assicurato la gestione dividendosi dietro le quinte come macchinista, manutentore, addetto alla sicurezza, custode del  vecchio palazzo di Corso San Giorgio che, nel bene e nel male, ha segnato la storia della Città di Teramo ospitando i mostri sacri del teatro e del cinema italiano. Mentre parliamo apprendiamo la notizia della scomparsa dell'attore e regista Glauco Mauri che a Teramo, ricorda Cavallin, fu grande interprete negli  Spettri di Ibsen.

Mi dici qual'è stata la ragione principale che ti ha spinto a fare l'operatore?

"E' stato quasi per caso, nonostante sin dall'adolescenza amassi molto andare al cinema senza avere la minima idea di cosa fosse il teatro. Nel 1970, l'undici marzo per l'esattezza, mi chiamo' l'avvocato Nicola Storto proponendomi di lavorare con lui come macchinista nel Nuovo cinema teatro, come si chiamava allora, da lui costruito insieme all'ingegnere Mario Fumo alla fine degli anni Cinquanta, dopo l'abbattimento del vecchio teatro. Non nascosi la sorpresa di tale richiesta anche se ci conoscevamo bene abitando tutti e due nel quartiere di Porta Romana, lui in particolare risiedeva in Via dei Funari".

Si trattava dunque di un rapporto fiduciario.

"Esattamente. Che si trasformò di lì a poco in lavoro tecnico specifico dopo aver sostenuto l'esame per ottenere il patentino di macchinista per la proiezione dei film entrando in contatto con un mondo fantastico che avevo cercato di immaginare da spettatore. Una figura che oggi non esiste più perchè è totalmente cambiato il modo di fare cinema. Nuovo Cinema Paradiso, il capolavoro di Giuseppe Tornatore testimonia appunto la magia di un mestiere decisamente coinvolgente". Scuote la testa Franco con una punta di rimpianto e commozione.

E allora passiamo al teatro. Quando varcasti il dietro le quinte per prestare assistenza alle compagnie teatrali che arrivavano a Teramo? 

 "A metà degli anni Settanta, tra il 1976 e il 1977, la stagione teatrale era curata dal TSA, il Teatro Stabile dell'Aquila, che raccoglieva grandi personaggi. Anche adesso nel ricordarli  mi viene la pelle d'oca, cominciando da Carmelo Bene con Nostra Signora dei Turchi e poi Tino Buazzelli con Vita di Galileo, A me gli occhi please con Gigi Proietti, registi del calibro di Antonio Calenda e Giancarlo Cobelli, e poi ancora Piera degli Esposti e Tino Schirinzi, Monica Guerritore, Paolo Poli, Arturo Brachetti, Leo Gullotta e il teatro napoletano con Peppino De Filippo e Nino Taranto, Peppe Barra e  Pupella Maggio, Antonio Casagrande e Vincenzo Salemme". Un elenco lunghissimo che non faccio in tempo ad appuntare, tanta è la foga come tante sono le immagini che mi mostra dal telefonino ritratto insieme ai suoi beniamini che lo hanno gratificato apprezzandone la professsionalità e la discrezione.

"Ognuno aveva le proprie esigenze ma con tutti i soggetti si instaurava un dialogo nel rispetto reciproco dei ruoli per dare il meglio agli spettatori. E' un comportamento che vale anche oggi. Chiaramente se alla fine il lavoro teatrale ha successo molto si deve ai tecnici i quali nella fase di preparazione ascoltano, provano, adattano la torre scenica. Insomma si immedisimano in chi poi dovrà affrontare il palcoscenico". 
Tu che mansioni avevi?
 
"Aiuto macchinista ma poi, una volta entrati in confidenza si collaborava a tutto campo, specie quando le rappresentazioni proseguivano nei giorni seguenti per cui concordavamo preventivamente gli aspetti organizzativi del soggiorno".
Ecco, appunto. Com'era il dopo teatro a Teramo?
 
"Se andava tutto bene, senza intoppi, si creava una bella atmosfera per festeggiare. E allora si telefonava ai ristoranti disponibili in base al numero dei partecipanti e agli orari di uscita dal teatro per ritrovarsi tutti insieme come vecchi amici. Noi per esempio abbiamo fruito per molti anni della buona accoglienza de  I Carati di Bacco e de Lo Zoppo, senza tralasciare per l'occorrenza altri ristoranti presenti in città.  

Da quanto sostieni  sembra di capire che intorno al Cinema-Teatro Comunale si creava un indotto importante.
 
"Certamente. Valga come esempio la lunga stagione lirica che tra la fine degli anni Novanta e buona parte del Duemila contava sul sostegno della Fondazione Tercas. Per circa quindici anni  avevamo a che fare in media con 45 orchestrali, tanti coristi e cantanti, i macchinisti e i facchini per il montaggio e lo smontaggio delle scene". 

Ma qualche episodio simpatico che ti è capitato nella tua lunga attività ce lo vuoi raccontare?

"Quella della poltrona con Gigi Proietti è davvero simpatica. Quando a gennaio del 2011 facemmo Pierino e il lupo era uno spasso continuo tra battute e barzellette indimenticabili . Ad un certo punto, finite le prove, arriva Maurizio Cocciolito il presidente della Riccitelli e mi dice cortesemente di seguirlo perchè Gigi Proietti voleva chiedermi alcune cose. Io mi presento e lui  mi inquadra subito poi in romanesco mi dice: me serve 'na sedia coi braccioli, un bastone e un plaid. Ci pensai su e gli chiesi di allontanarmi un attimo. Tornai a casa a prendere la poltrona che avevo in salotto, il bastone che ogni tanto usava mia madre e un plaid beige come quelli che regalava l'Aci. Non ti dico la soddisfazione del maestro Proietti il quale alla fine dello spettacolo mi ringraziò caldamente. A quel punto presi la poltroncina per i braccioli e lo ringraziai a mia volta pregandolo di apporvi sul retro la sua firma come affettuoso ricordo, che come si vede nella foto è ancora nitida".  

Altri aneddoti?

"Ce ne sono tanti che mi hanno riempito di piacere e anche divertito molto ma, forse, è meglio fermarsi qui per non peccare di presunzione. Alla fine della favola io sono sempre...lu fije de Cietta" dice Franco con un largo sorriso rivendicando le sue umili origini e l'amore immenso per sua madre, indimenticabile simbolo di genuina teramanità non solo in senso sportivo!!


Foto F. C.

 











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