La montagna di promesse non mantenute e l'esasperazione degli abruzzesi sono ancora ammucchiate davanti al traforo nonostante l'accordo di non chiusura del lungo tunnel, intervenuto ieri fra Strada dei Parchi e Ministero delle infrastrutture in presenza dei
sindaci di Teramo e L'Aquila. Resta però tutta intera la questione della
messa in sicurezza dell'Acquifero del Gran Sasso da cui dipende la
salute di settecentomila famiglie alimentate essenzialmente
dall'Acquedotto del Ruzzo con le incertezze che ci accompagnano da due
decenni ormai. Nessuno poteva immaginare che divenisse un caso
giudiziario per ricercare cause ed effetti del mancato intervento di
netta separazione fra gli scarichi dei lavori autostradali, lo sversamento di sostanze radioattive dei laboratori sotterranei di fisica nucleare e le sorgenti della preziosa acqua del Gran Sasso d'Italia.
In mezzo la psicosi collettiva e il conseguente non uso dell'acqua del rubinetto di una larga utenza costretta a bere e cucinare con riserve di acqua minerale da quel maggio 2017, quando la ASL di Teramo lanciò l'allarme inquinamento ambientale prodotto da inerzie e sottovalutazioni gigantesche. Nell'accordo sopra citato è previsto il reperimento dei fondi necessari per la messa in sicurezza per l'importo di 172 milioni di Euro attraverso il decreto sblocca cantieri da approvare nel prossimo mese di giugno con il coinvolgimento della regione Abruzzo nella persona del Presidente Marsilio in veste di Commissario, così come ribadito ieri dal Consiglio Regionale riunito in seduta straordinaria. Era già accaduto in passato più o meno con le stesse modalità. Che sia la volta buona?
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