Ricostruzione e Piano per il Lavoro della CGIL
Intervista al segretario generale della CGIL di Teramo Giovanni Timoteo

“ Per produrre crescita, ridurre la disoccupazione giovanile
se non vogliamo perdere i loro saperi e le loro competenze prestati ad altri
Paesi, la CGIL intende aprire 100 Tavoli Locali per il lavoro in 100 Città
d’Italia secondo le linee operative del nostro Piano per il lavoro. I salari
reali sono fermi da 20 anni e nella crisi sono diminuiti persino più della
produttività”.
Un impegno che richiede
una rappresentanza sindacale all’altezza delle sfide attuali che possono
rimettere in discussione i canoni tradizionali della contrattazione?
“Il nostro sindacato si adegua ogni giorno a fianco delle
persone che soffrono ma insegnano dignità e tenacia di fronte ad aziende che
chiudono, al lavoro che muta e all’intelligenza
artificiale che avanza. Per noi è uno stimolo per studiare, fare ricerca e
attrezzarci a contrattare anche con l’algoritmo. La nostra missione resta
tuttavia quella di mettere in evidenza necessità e bisogni di una variegata
moltitudine di soggetti e facilitarne le soluzioni. Con una disponibilità ad includere altre
culture, con una concezione del lavoro legata soprattutto ai bisogni di
serenità e di benessere della gente”.
E
in provincia di Teramo come stanno veramente le cose?
“Tanta crisi ma anche molto potenziale da far venire fuori
con risultati apprezzabili su cui anche i sindacati sono fortemente impegnati.
A fronte di pezzi importanti di industrializzazione perduti in Val Vibrata
siamo in presenza di settori come l’agroalimentare, l’avicolo e il dolciario
(GELCO, ROLLI, AMADORI) con aziende al top della produzione italiana. In tal
senso occorre intensificare e qualificare, soprattutto da parte nostra, il
contributo dell’Università di Teramo
attraverso le facoltà scienza dell’alimentazione di veterinaria e
dell’Istituto Zooprofilattico d’Abruzzo e Molise. Occorre pure comprendere il potenziale delle
star tup innovative poste alla base del famoso Polo AGIRE. In ogni caso va dato
merito ai rettori dell’Ateneo, Luciano D’Amico e Dino Mastrocola per la visione
lungimirante e operativa nella formazione degli studenti e nell’assistenza al tessuto imprenditoriale locale”.
A proposito dei pezzi di industrializzazione
perduti in Val Vibrata a che punto stanno i fondi stanziati tramite la
Provincia di Teramo destinati appunto a quelle aree di crisi complessa?
“Le tante vertenze accumulate sul territorio provinciale dovevano
avere uno sbocco alternativo
all’immobilismo e alla sfiducia dei lavoratori. Nessuno sapeva come far fronte a quello stato
di vera emergenza. Una scommessa iniziata nel giugno 2008 con il primo accordo
al MISE, grazie al compianto Presidente della Provincia, Ernino
D’Agostino e all’Assessore regionale al lavoro Fernando Fabiani. Venivamo da un’ecatombe di fallimenti
aziendali (circa 200) con ottomila posti di lavoro in meno. Lo dimostrano i 756
progetti emersi nella manifestazione
d’interesse per oltre un miliardo e mezzo di investimenti fra Val Vibrata
e Tronto. Nel 2016, dopo otto anni, è arrivato il
riconoscimento di area di crisi attraverso la gestione di INVITALIA che si è
confrontata con il territorio e le sue istituzioni evitando di interloquire con
i sindacati che pure hanno avuto un ruolo determinante sin dall’inizio”.
Tale atteggiamento vi condiziona in qualche
modo?
“Assolutamente no. Ognuno faccia bene la propria parte per rendere fertile il
nostro territorio in termini di nuovi investimenti e recupero dell’ occupazione,
soprattutto nel tessile e abbigliamento.
Spetta alla politica regolare i processi sociali ed economici per
indicare una prospettiva di sviluppo
sostenibile largamente condivisa ”.
Pubblicata anche sul quotidiano La Città di domenica 7 aprile 2019
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