Storie di orsi da Senarica al Trentino

 di Marcello Maranella

A Senarica, arroccata frazioncina del comune di Crognaleto, nel versante teramano fra il Gran Sasso e i monti della Laga, già Serenissima sorella della più famosa repubblica marinara di Venezia, è arrivato qualche settimana fa un giovane orso marsicano per la gioia dei residenti. A molti chilometri di distanza, nella zona del Trentino, l'orso M49 ribattezzato dalla fantasia popolare Papillon, è in continua fuga per evitare la cattura e riconquistare  la  libertà.  Due storie in due luoghi dell'Italia con differenti visioni nella gestione dei grandi carnivori.


I fatti. A Senarica la sua apparizione è stata alquanto  gradita da giovani e anziani del luogo, tutti animati da curiosa festosità, senza alcun timore di osservarlo mentre mangiava beatamente fichi alle porte del paese e poi girovagava fra la chiesa e il parco giochi, prima di imboscarsi lungo la stradina che conduce a Vallocchio e scomparire fra gli alberi fitti. Al momento non è dato sapere dove rispunterà  e, soprattutto, dove darà vita ad un nuovo nucleo riproduttivo. Speriamo che l'areale del Gran Sasso possa, prima o poi, essere di suo gradimento. Anche se per gli esperti del Piano di Azione per la tutela dell'Orso Marsicano si tratta di segnalazioni episodiche e sporadiche che, tuttavia, non escludono la dovuta attenzione del fenomeno per eventuali evoluzioni. Inutile sottolineare che una presenza così rara sarebbe stata una significativa risorsa per la nostra amata montagna che dalla notte dei tempi accoglie uomini e greggi ma anche predatori di grande fascino. Le fughe rocambolesche di questi giorni di Papillon dal Centro faunistico Casteller sono già diventate leggendarie grazie al clamore mediatico che sta appassionando l'intera penisola.
Perché, al di là di chi in Trentino si sbraccia per catturarli, gli  orsi, in centro Italia il plantigrado è "ambasciatore" del Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise tanto da assurgere a simbolo identitario dell'ente in tutte le sue proiezioni esterne.

Stiamo parlando di un'area protetta che ha fatto da apripista per  la nascita del sistema dei parchi italiani. Che sin dalle sue antiche origini vanta un prezioso e paziente lavoro di tutela dell'orso per scongiurarne l'estizione.  A Senarica come in tanti altri borghi montani forse non tutti conoscono gli aspetti scientifici e le azioni messe in campo per la sua protezione e per l'incolumità delle persone, spesso è l'istinto naturale a regolare la convivenza fra abitanti e fauna selvatica. Quando il cucciolo si è allontanato dalla piazza sono tutti corsi a filmare gesti e saltelli affidando poi le immagini del suo passaggio alle foto trappole che Anna Consalvo e Ciro Manente in precedenza avevano  impiantato con maestria fra gli alberi per studiare il comportamento dei lupi.
Testimonianze positive di attrazione  e compatibilità ambientale: in sicurezza, ragionevolezza, sostenibilità. Eventi così inaspettati fanno bene alla montagna e al suo fantastico immaginario, arricchisce la biodiversità, stimola un'offerta turistica più allettante nel pieno riguardo del bene natura. Che, non va mai sottaciuto, costituisce un capitale naturale durevole il cui valore aggiunto è proporzionale alla bellezza del paesaggio nelle sue molteplici combinazioni. Di queste cose parlavo giorni fa in piazzetta con gli operai del comune di Crognaleto intenti a fare manutenzione, mentre due ragazzini in surplace sopra le bici riferivano con simpatica naturalezza le prodezze dell'orso. È questa l'anima del Gran Sasso, piena di fascino e di mistero che traspare nei gesti e nei volti di gente resistente, riservata  e incomparabilmente ospitale. Come quel signore che si affaccia sull'uscio per offrire una tazza di caffè  e nel contempo  aggiunge altre emozioni al racconto collettivo.
Così, fra una chiacchiera e l'altra, scopro che anche lui è arrivato a Senarica da molto lontano per lavorare negli anni sessanta all'Hotel Miramonti di Prati di Tivo...."ed eccoci qui oggi  a goderci la pensione io e mia moglie che conobbi come dipendente di quell'albergo fantastico in cui arrivai come pasticciere uscito dalla prestigiosa scuola di cuochi di Villa Santa Maria". Tempi che furono, dirà qualcuno! Certo, ma possono diventare tempi di ritorno nelle aree interne per le future generazioni.  Rianimare i borghi dopo gli ultimi terremoti e l'incubo planetario della pandemia significa dare continuità alla loro storia, ricostituire valori, affetti, lavoro e qualità della vita. Ma, soprattutto, rafforzare i presidi montani e difenferli da predatori ben più pericolosi. Che non sono certamente gli orsi.

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