ATRI E IL GIAPPONE : linguaggi e riti d'oriente dentro il cuore antico della città acqaviviana

di Marcello Maranella

photo ma.ma.

Il cartellone estivo degli eventi atriani è sempre ricco e invitante per i villegianti in vacanza sulla costa teramana. Ad aumentare la curiosità c'è Stills of Peace and every day life. Iniziativa giunta coraggiosamente alla settima edizione, dedicata quest'anno alla ricerca del senso del contemporaneo fra Italia e Giappone. Un tema per certi versi inedito e lontano dai nostri pensieri quotidiani. Forse  per questa ragione la sorpresa si carica di mistero e fascino della scoperta di altri mondi nel millenario continente asiatico.

Sono queste le senzazioni che provo  arrivando nella città acquaviviana una mattina di sole cocente mitigato da una piacevolissima brezza marina o, forse, montana, chissà? Del resto Atri con i suoi 442 metri di altitudine è situata in cima alla ridente vallata del Vomano, tra l'azzurro mare della Torre di Cerrano e il Gran Sasso che impera sull'Appennino.


Una meraviglia del creato che cattura il mio sguardo mentre parcheggio nel belvedere intitolato a Domenico Martella, il vulcanico Mimì Ciacarest, che ne comprese anzitempo il valore paesaggistico e il richiamo turistico. Dalla circonvallazione al centro storico il passo è breve. Mi infilo nei vicoli dai balconi fioriti incrociando sorrisi e gesti amichevoli prima di immergermi fra le magiche atmosfere del paese del Sol Levante riposte dentro gli androni di palazzi importanti o nelle scuderie ducali o cisterne romane che aprono le porte al variegato mondo nipponico ..."di grande raffinatezza estetica ed intellettuale, dove la dimensione spirituale si intreccia costantemente nelle architetture, nell'immaginario, nel paesaggio, nelle tradizioni inconfondibili in cui esprime la sua storia".

Le prime immagini le scatto
con una certa impazienza dall'alto della scalinata in pietre acciottolate che introducono nel Palazzo Cardinal Cicada, appena riaperto per l'occasione. Qui Mariano Cipollini ritorna, come tanti di noi migranti, alle proprie origini atriane presentando Kensho per l'interpretazione di Paolo dell'Elce ..."momenti di vita diventati frammenti iconici grazie al linguaggio della Fotografia". Mentre la guida all'ingresso registra le mie generalità per effettuare eventuali controlli dovuti all'emergenza Covid-19, continuo a cliccare sul pulsante della fotocamera come se ripercorressi a ritroso il tempo lontano dell'Orfanotrofio che ospitava la Scuola industriale di arti e mestieri. Un istituto prestigioso che formava talentuosi artigiani ed ebanisti di chiara fama come il Tascini le cui opere sono ornamento nobile del patrimonio museale della città. Me lo ricorda Massimo quando mi vede fotografare due api giganti scolpite, probabilmente, dallo stesso maestro falegname sul portone dell'ex aula di educazione fisica che oggi ospita la mostra. Risalgo Via Cicada con il sole che scotta e costeggio le ombrature dell'ex cinema comunale per raggiungere il Museo Archeologico, un complesso di edifici settecenteschi con un'ala dedicata alla figura e all'opera di Vincenzo Rosati, brillante archeologo e pittore amico di Gennaro Della Monica, nonche' direttore dell'antica Scuola di Arti e Mestieri.



Dopo la registrazione di rito salgo su per le scale preceduto da una coppia di turisti in tenuta mare in visita alla rassegna fotografica Gei Sha di Yoko Yamamoto curata da Paolo Dell'Elce. Scopro un allestimento di notevole effetto dispositivo che aiuta a comprendere meglio la figura della Geisha, erroneamente concepita nel'opinione comune occidentale al pari di una prostituta già nel periodo Edo (1603-1868). Esplorando con il suo sguardo femminile il complesso universo delle Geishe che vivono nelle comunità di Tokio, Yoko Yakamoto lascia parlare le immagini decisa a sfatare un' iconografia falsa e deteriore. Una narrazione sorprendente, senza ambiguità, che riesce a mettere in risalto l'essenza della persona estetica, educata al gusto dei linguaggi artistici come la danza, la musica, la recitazione e l'arte della conversazione. Bellissime anche le stampe Giapponesi Contemporanee 1946-1993 con rare immagini di artisti oggi popolari anche in Occidente.

Manca un quarto a mezzogiorno e devo sbrigarmi per non perdermi l'ultima tappa nei suggestivi e frescosi camminamenti sotterranei delle cisterne di Palazzo Acquaviva. Non ho la minima idea di ciò che di strabiliante vedrò li sotto, sempre se riesco ad arrivare prima della  chiusura mattutina. Perchè, nonostante la calura estiva, è impossibile non soffermarsi in piazza del duomo ad ammirare la facciata della cattedrale che fronteggia il Teatro Comunale. Una sintesi perfetta di "città storica" che si proietta lungo il corso Elio Adriano fino a ricongiungersi, nell'altra piazza, con il Paòlazzo ducale. Ancora pochi secondi di ritardo e avrei perduto l'incanto della luce e le trasparenze dei veli che modificano il nostro modo di guardare e abitare lo spazio. Intendo quegli spazi oscuri attraversati da sottili fili di luce in una sospensione onirica di pregevole effetto visivo, firmata  da Carlo Bernardini e Kaori Miyayama, curata da Antonio Zimarino. In superficie, invece, la luce naturale ricompone lo stato dei luoghi dall'orgoglioso passato quattrcentesco attraverso il busto di Rodolfo Acquaviva che domina la corte di quell'austera dimora tanto decantata da Luigi Illuminati dalla lontana Università di Messina dove insegnava letteratura latina ...."in tristezza di nostalgia alle gelide. nebbiose e nevose giornate del mio paese in Abruzzo"....
...."e rivedevo nel suo palazzo l'autore del don Chisciotte andato con Giovan Girolamo anche lui alla battaglia di Lepanto. Il Cervantes era già legato di devota amicizia alla famiglia Acquaviva. Nella dedica ad Ascanio Colonna della Galatea egli ricorda di essere stato a Roma camarero del cardinale Giulio Acquaviva
...."
E la storia continua nell'estate atriana accompagnata da ottimo blues in un'attraente combinazione di natura e cultura! 
testo
e foto di marcello maranella




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