La vicenda "confusa" delle Camere di Commercio



Da mesi non si parla d'altro a Teramo come se le sorti del suo territorio dal punto di vista sociale, politico, economico e culturale dipendessero dalla fusione o meno delle Camere di Commercio di Teramo e L'Aquila. Ho già espresso più volte la mia opinione in merito non dettata, ovviamente, da convincimenti personali  ma sulla base di fatti ed atti compiuti dagli stessi enti interessati con accordo unanime delle associazioni datoriali che li rappresentano. Peraltro le mie valutazioni erano supportate da dichiarazioni espresse con estrema chiarezza dal Presidente pro tempore Gloriano Lanciotti e dalla rappresentante della Confindustria teramana , Antonella Ballone, convinti del buon lavoro unitario raggiunto con l'accordo di fusione per dare vita ad un'unica "Camera di Commercio del Gran Sasso d'Italia". Si diceva che proprio a causa di una legge di riordino, comunemente ritenuta lenta, confusa, e contraddittoria sulle procedure da attivare, la fusione avrebbe potuto contemperare le esigenze delle due camere senza mortificare i pesi specifici di entrambe sotto il profilo della rappresentanza istituzionale e dell'organizzazione territoriale che vede Teramo primeggiare in termini di registro delle imprese e di uffici appositamente organizzati. Veniva in tal modo configurandosi una mentalità innovativa rispetto al passato secondo cui la montagna unisce anziché dividere i due territori alle prese, com'è noto, con pesanti obblighi burocratici e amministrativi derivanti dalla ricostruzione post sisma. Ma di tutto ciò importa poco o nulla al Consiglio regionale d’Abruzzo in cui la polemica politica s'infiamma su una risoluzione bocciata dalla maggioranza che vedeva l'impegno del Consigliere d'opposizione Dino Pepe nella sua veste di vice capogruppo PD. 
Con tale provvedimento egli chiedeva il consenso unanime del Consiglio di sospendere l'accordo di fusione sopra riportato raccogliendo anche le istanze del comune di Teramo guidato da Gianguido D'Alberto il quale, in anteprima, aveva convocato la sua maggioranza presso la sede dell'ente camerale teramano, sospinto dalla preoccupazione che la città capoluogo potesse subire l'ennesimo scippo istituzionale. Al centro del dibattito, dunque, due schieramenti: da un lato le forze politiche e dall'altra quelle economiche e imprenditoriali. Le prime entrando in confusione di voto sulla fusione a scapito della comunità teramana con il Presidente della Provincia che appoggia la proposta di sospensiva di Pepe in aperto dissenso con i consiglieri regionali dello stesso schieramento di centrodestra. Le seconde, più semplicemente, rivendicano l'effettiva riappropriazione sociale dell'Istituto Camerale. Vale la pena ricordare in proposito che in seno alla Confindustria, quale maggiore associazione imprenditoriale abruzzese,  permane un dibattito incentrato su una visione regionale di rappresentanza degli interessi categoriali che muove, guarda caso, dal superamento delle sedi provinciali. E' su questi scenari che si riaccende l'annosa discussione sulla mancata riforma delle Camere di Commercio, la cui legge istitutiva risale al 1944, quando i presidenti e i componenti delle giunte venivano scelti per referenze politiche funzionali al vecchio modello di sviluppo.
Così avvenne anche a Teramo fino alla fine degli anni ’80 quando  l'onorevole democristiano Pietro de Dominicis, passando il testimone della Camera di Commercio di Teramo a Fernando Di Paola, assunse l'incarico di Presidente dell'allora nascente Centro Fieristico di Mosciano Sant'Angelo con una dotazione finanziaria intorno ai 32 miliardi di vecchie lire. Erano contesti sociali diversi, evidentemente, e nessuno poteva immaginare  la pesantezza della crisi economica in cui siamo tuttora imprigionati senza alcun cenno di ripresa produttiva e senza modernizzazione di sistema. In definitiva oggi più che mai resta al centro la questione dei loro vertici e la conseguente managerialità che questi avrebbero dovuto conseguire. Sullo sfondo rimbalza la questione del loro rifinanziamento al fine di recuperare un'effettiva funzione promozionale dell'economia locale. Ragion per cui, fatte salve tali strategiche priorità, non ci sarebbe alcun bisogno di aggrapparsi a battaglie di campanile, spesso di retroguardia, per salvaguardare l'identità territoriale che, in ogni caso, necessita di lavoro, occupazione, investimenti. 

Foto dall'alto: 1) Antonella Ballone imprenditrice del Gruppo Baltour  e Vice presidente della Camera di Commercio di Teramo; 2) Un momento dell'incontro promosso dal sindaco Gianguido D'Alberto; 3) Dino Pepe consigliere regionale PD; 4) Gloriano Lanciotti Presidente Camera Commercio Teramo; 5) Lorenzo Santilli Presidente Camera Commercio L'Aquila

La situazione degli enti camerali in Abruzzo

Camera di Commercio de L'Aquila 
Sembra veramente strano che in mezzo a tanto clamore i vertici dell'ente aquilano non proferiscano parola alimentando in tal modo congetture varie e accordi trasversali non suffragati da atti ufficiali che contraddirebbero la volontà dei loro colleghi teramani in ordine alla ventilata e più che mai discussa fusione. Resta da capire il ruolo del Presidente Lorenzo Santilli o se, invece, intende tenersi lontano da schermaglie di campanile in attesa che sia la norma a fare chiarezza. 

Camera di Commercio Chieti-Pescara
Una situazione del tutto diversa invece è rappresentata dal rapporto fra le camere di commercio nell'area metropolitana abruzzese. Con l'insediamento del nuovo consiglio avvenuto il 29 dicembre 2017 è stata istituita la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura nata dall'accorpamento della Camera di Commercio di Pescara con quella di Chieti alla cui Presidenza è stato eletto all'unanimità il costruttore di San Salvo, Gennaro Strever.

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