Quando la sera ci incontravamo in libreria
L’indifferenza e la perdita della memoria delle cose passate stanno producendo vuoti incolmabili negli assetti sociali ed economici delle nostre comunità. Spaccano processi evolutivi che sembravano solidi, indistruttibili, quasi eterni. A Teramo la Biblioteca Provinciale Melchiorre Delfico ha da tempo superato i duecento anni mantenendo a livello regionale un primato incontestabile nella diffusione di cultura. Con tutte le difficoltà di mezzi, di strutture e di passaggi di gestione nella sfera della pubblica amministrazione. Un mondo a parte invece è quello delle librerie che hanno diversa fortuna in relazione ai mutamenti del mercato e alla conseguente resistenza economica ed umana dei loro titolari. Non è certamente una vita semplice quella del libraio ma nella mente dei suoi assidui frequentatori resta il fascino discreto di un mestiere che si sceglie di praticare ...a libro aperto.., come titola amabilmente Massimo Recalcati in un suo recente saggio. Perciò ne rispetti umori e sapienza ammucchiati negli angoli del suo piccolo regno. E’ un lavoro lento e paziente quello del libraio. Che non ti lascia mai andar via a mani vuote. Che nel suo retrobottega "conserva per te" il volumetto prezioso o la rivista d'arte o di immagini d'autore che pensavi fossero irrimediabilmente scomparsi dalla circolazione. Un'accoglienza impagabile, fatta di gesti e di sorrisi accattivanti per consigliarti e guidarti negli acquisti. Negli anni ottanta a Teramo, "La Scolastica" era, per quelli della mia generazione, la tappa conclusiva di un’intensa giornata di lavoro.
Tutto si animava di fronte alla sede centrale della Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo. Dalle 18 alle 20 Corso San Giorgio s'apriva allo struscio e i negozi teramani brillavano di luci e fiorenti commerci di ricercate mercanzie in cui saltava subito agli occhi quella vetrina rossa, stile decò, piena di libri. Che non c'è più dal 2008. Era nata nel 1915 ed emise la sua prima fattura nel 1920. Pensate: per ben novantatré anni, puntualmente ogni giorno, dallo stesso posto, non ha mai derogato dal proprio ruolo di diffusore di cultura prima ancora che di premiata cartolibreria. Quel nome d'altri tempi che rimandava al sillabario dell'infanzia irradiava intorno a se un'atmosfera colta e sobria ad un tempo. A volte mi succede di rallentare l'andatura davanti all'ingresso dell'ex Libreria La Scolastica. Immagino di sostare per un attimo sopra il vecchio marciapiede, ormai scomparso, e risentire il cigolio di quella pesante porta in ferro che mi introduceva fra quegli scaffali grigioverde di piombo e frassino. Risento i racconti di quando, a dispetto del regime imperante, La Scolastica raccoglieva al suo interno l'intellettualità del capoluogo e della provincia contribuendo non poco all'espandersi di una coscienza antifascista grazie alla singolare personalità del suo fondatore, Domenico Ciccarelli. A ridosso degli anni cinquanta, quando Teramo viveva un'intensa stagione culturale, la libreria divenne meta di scrittori e letterati di indiscusso prestigio nazionale. Era il tempo di Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Dacia Maraini, Natalia Ginzburg, Michele Prisco, DiegoValeri, Mario Pomilio, Piero Chiara e tanti altri autori, anche minori che hanno legato il loro nome al circolo culturale “Gramsci” di Pasquale Limoncelli e al premio letterario Teramo. Un distillato di creatività e slancio culturale che proseguiva nel rapporto epistolare fra il libraio, Paolo Araclio, e gli scrittori, quale riconoscimento del mandato di rappresentanza autorevolmente conquistato nell'ambito dell'editoria italiana. E noi respiravamo fumo, saperi e suggestioni davanti al banchetto di Paolo dove s'ammucchiavano pacchetti di sigarette, scontrini, gadget multicolori, ultime chicche editoriali mentre la signorina Assunta e le sue collaboratrici assistevano la clientela intorno a noi, inguaribili chiacchieroni e visionari. Qualche traccia di quel tempo andato ancora rimane attraverso gli spazi del web dove scorrono immagini e video ben curati da Paolo, privi di retorica e autoreferenzialità. Raccontano semplicemente la storia di una famiglia di librai che ha saputo mettersi al servizio della città nel suo progredire civile e culturale. E io la racconto con lo sguardo rivolto al futuro in cui di libri c’è ne sempre bisogno. Sono parte di noi, malgrado tutto!
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