L'Abruzzo dopo il voto fra ricostruzione e vento padano

Nel bombardamento mediatico mattutino l'Abruzzo è in prima pagina, in tutte le salse e per ogni appartenenza politica. Ancora qualche giorno di analisi del voto e poi l'Abruzzo sarà affidato nelle mani di un governatore a scavalco fra Roma e L'Aquila, a beneficio di una minuta forza politica  che vanta il  primato di guidare una regione italiana, sospinta da un vento padano in nome del popolo sovrano. Ne viene fuori una maggioranza di governo di centro destra composta da Fratelli d'Italia, Forza Italia con una Lega di Matteo Salvini fortemente condizionante. Questa in estrema sintesi è la situazione politica regionale uscita dalle urne del 10 febbraio 2019 determinata dalla fine anticipata della scorsa consigliatura per volontà dell'ex Presidente  Luciano D'Alfonso che oggi osserva la sconfitta del centrosinistra abruzzese seduto sugli scranni di Palazzo Madama. Ma la cosa più fastidiosa è che il popolo abruzzese viene ricollocato nell'immaginario collettivo come pastori forti, gentili ma poco avvezzi alle dinamiche dello sviluppo e della modernizzazione. Ancora con il cappello in mano, come illustra Giannelli nella vignetta sul Corriere della sera di oggi. Riaffiorano in tal senso frettolose approssimazioni sui social che offendono la storia dell'Abruzzo e delle sue conquiste sociali e culturali che fanno il paio con l'orgoglio dei pastori sardi impegnati in questi giorni a salvaguardare i propri diritti di cittadini e lavoratori. Ha fatto bene quindi il neo Presidente Marco Marsilio a porre in primo piano il tema della ricostruzione che caratterizzerebbe il lavoro della sua giunta per il rilancio economico e turistico di una regione costituita per larga parte di parchi e aree protette ma anche di territori a forte vocazione industriale come la Val di Sangro. Non sarà un'impresa facile se non sarà accompagnata da un dialogo fecondo con le forze di opposizione nel pieno rispetto dei ruoli, naturalmente. Nel quadro di riferimento post elettorale il movimento 5 stelle. appare l'anello debole della catena. 
Non solo per il significativo calo di consensi fra le elezioni politiche del 4 marzo scorso  e quelle regionali appena concluse, quanto per la posizione compressa fra la preponderanza leghista in consiglio regionale in cui spicca per l'alto numero di preferenze raggiunto il teramano Pietro Quaresimale, già sindaco di Campli, e la qualificata rappresentanza politica della lista Legnini.
Quest'ultimo porta all'Emiciclo la sua esperienza di Sottosegretario all'economia e di vicepresidente del CSM a cui si accompagnano le competenze di Dino Pepe, già assessore regionale all'agricoltura, Silvio Paolucci ex assessore alla sanità e Sandro Mariani ex capogruppo del Partito Democratico nella giunta dalfonsiana. Da questo punto di vista Legnini guarda oltre l'orizzonte del risultato elettorale negativo e rilancia la sua proposta politica ..."dalla sconfitta alla speranza del centro sinistra in Abruzzo perché il progetto politico conquista il 12% rispetto alle passate elezioni politiche". Può costituire un test oltre l'Abruzzo per ridare fiato al centrosinistra attraverso alleanze con progressisti, liberali e espressioni del mondo civico. E aggiunge.."Il Partito Democratico da solo non può bastare  ed in questa nuova dimensione deve rilanciare la sua funzione". Resta ora da vedere se le parole di Giovanni Legnini troveranno lo spazio rilevante nel dibattito congressuale che il Partito Democratico si appresta ad aprire con le primarie il cui favorito a leader della segreteria nazionale è Nicola Zingaretti..


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