
In ottobre si torna ad osservare i camosci all'interno dei parchi. Si parte all'alba e per l'intera giornata gruppi di appassionati, guidati dai tecnici dell'Ente Parco Gran Sasso e dagli agenti forestali, trascorrono lunghe ore in appostamenti ed osservazioni scientifiche per aggiornare la conta degli individui e verificarne le buone condizioni fisiche ed ambientali. Le stime ufficiali più recenti indicano ben 630 esemplari vaganti sul massiccio del Gran Sasso ma gli addetti ai lavori ipotizzano intorno a mille. Si tratta di una specie conosciuta come il
Camoscio più bello del mondo la cui storia affascina continuamente escursionisti e studiosi che hanno egregiamente gestito la sua reintroduzione salvandola dall'estinzione. E annotano:..." come nelle fiabe apparve Bella, l'unica femmina a stabilizzarsi e sopravvivere sul Monte Cefalone in attesa di fare altre conoscenze. Altri nove esemplari furono liberati nel 1993 sul Monte Coppe. Da qui un maschio, di nome Gandalf, si staccò dal gruppo e attraversando tutta la catena, si fermò sul Cefalone insieme a Bella dando vita al branco che dal 1994 si riproduce felicemente".
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Dente del Lupo |
Tutto ebbe inizio nel triennio 2002/2005 con il Progetto Life chiamato " Conservazione di
Rupicapra pyrenaica ornata nell'Appennino centrale" sopra le aree montuose di tre parchi nazionali: Gran Sasso e Monti della Laga, Maiella e Sibillini.


Da anni ormai non mi occupo più di interventi diretti al PNGSL, tuttavia i miei attuali impegni di ricerca e di studio mi hanno costretto, piacevolmente s'intende, a consultare il bellissimo volume fotografico di Bruno D'Amicis dal titolo
ORNATA, il camoscio più bello del mondo in cui l'autore, laureato in Scienze Biologiche e fotografo naturalista professionista, descrive momenti di intensa emozione quando è costretto ad invadere l'habitat dei camosci per sorprenderli al "naturale" con la massima cautela, senza destare sospetti...."
Spesso trovo i camosci seguendo il rumore di pietre che rotolano a valle, staccandosi dalle pareti rocciose e precipitando nel vuoto. Lì, tra minuscole cenge e ghiaioni scoscesi, al centro del binocolo, sono i miei animali, tutti intenti a brucare pianticelle stentate mentre si muovono con sicurezza su sentieri invisibili, ma ben impressi nella memoria dei loro zoccoli.
Ogni tanto, qualcuno, stanco forse della monotonia della roccia, si staglia presuntuoso contro il cielo e le nuvole e può rimanere in quella posizione ieratica per ore. Questa è l'unica icona che amo vedere quando sono in montagna! La vita di questi camosci si svolge in un mondo verticale; un mondo di minerale indifferenza, dove non esiste incertezza e dove la roccia è tutto. Salti, inseguimenti, poppate, cornate, copule, dormite, parti e morti; tutto succede in questo mondo verticale".
Poi, come per incanto, le parole lasciano il posto a mirabili fotografie disposte in una puntigliosa sequenza temporale, accompagnate da suggestive illustrazioni di Stefano Maugeri e sfiorate da riflessioni autorevoli di Sandro Lovari.
Certamente un libro da conservare gelosamente nei
nostri scaffali.

A ben riflettere quando nacque il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga fui tra i più entusiasti per la scelta del camoscio come logo affisso in cima ai sentieri e sugli alberi monumentali dei boschi del grande parco. Dal Voltigno alla Laga, dalle Alte Vette alla Val Chiarino il simboletto di colore verde ci dà il benvenuto nel regno della biodiversità.
Un simpatico amico, ex cacciatore, mi raccontava dell'incontro emozionante vissuto con un branco di camosci saltellanti sopra la sua testa fra le rocce del Dente del Lupo. "Erano proprio tanti, venti o forse trenta, saranno stati quaranta" continuava a ripetere con piacevole stordimento. Chissà, forse un giorno tornerò lassù, verso le terre alte.....
a contar camosci sulla conca del Sambuco.
Foto di esterni e camosci c/o archivio ma.ma.
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