HATRIA e il dramma del lavoro

Al Nucleo Industriale di  S.Atto si consuma l'ennesima protesta operaia fuori dei cancelli dell'azienda Hatria, del gruppo Marazzi, che ha deciso di licenziare 55 unità, un terzo delle  maestranze attualmente impiegate. Al di là delle ragioni che spingono i vertici aziendali ad assumere tali drammatiche decisioni che metterebbero a repentaglio l'esistenza di tante famiglie teramane  va detto che tutto ciò è anche il risultato di una mancata reidustrializzazione del tessuto produttivo teramano  rimasto fermo agli anni dello smantellamento della Villeroy&Boch. Da allora le cose sono andate peggiorando in un territorio in cui oggi è difficile definirne le effettive vocazioni socioeconomiche: da un lato prevale l'immagine decadente del nucleo industriale in relazione alla qualità dei servizi erogati,  dall'altra si registra  l'inesistenza di politiche efficaci




per attrarre nuovi investimenti rispetto ad altre realtà limitrofe, decisamente più intraprendenti e più accattivanti.  E' infatti mancata l'alternativa agli opifici dismessi in rapporto alla crescita di un'imprenditoria manifatturiera d'avanguardia di piccole e medie imprese collegate anche al settore turistico alberghiero in grado di investire sul bene natura quale prodotto pulito e duraturo nel tempo. In tale contesto le minacciate crisi aziendali possono essere meglio gestite se pubblico e privato dialogano e innovano al tempo stesso. Lo ha sottolineato bene ieri pomeriggio davanti all'ingresso dell'Hatria l'ex segretario generale della Fiom, Landini, lo dicevano


ieri mattina gli operai in sciopero portando ad esempio l'esperienza di una nota azienda vicina che preferisce investire sulla formazione continua dei propri dipendenti anzichè disfarsene al primo soffio di crisi. In queste giornate di LECTUS Vox Populi sarebbe giusto dare voce alla Teramo operaia che lotta per il lavoro. Così, tanto per esprimere un segno di solidarietà.

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