Ferma presa di posizione di Italia Nostra Abruzzo sulla Fornace Franchi di Martinsicuro "una significativa testimonianza di Archeologia Industriale che si vuole cancellare"


Un’altra fornace della fascia costiera abruzzese rischia di scomparire per essere trasformata, come la fornace di Vasto, in un centro commerciale. Via via si vanno perdendo degli elementi caratteristici del paesaggio collinare abruzzese in cui le ciminiere facevano da contrappunto alla sequenza dei campanili; memoria di un comparto produttivo dinamico che ha accompagnato lo sviluppo dell’urbanizzazione costiera della regione, incardinata sulla qualità delle argille e favorita dalla possibilità di integrazione fra i ritmi del lavoro stagionale nelle fabbriche di laterizi e quelli del lavoro agricolo.
Il progetto di ristrutturazione edilizia e cambio di destinazione d’uso, ai sensi della LR 49/2012, presentato
dalla Mare Blu S.p.a. e accolto dal Comune con delibera n. 24 del 30 giugno 21 prevede di fatto la
distruzione della Fornace Franchi, fondata all’inizio del Novecento; in tal modo, anch’essa subirà la stessa sorte della attigua Fornace Fiore.
Le modifiche apportate alla fornace negli anni ’50 del secolo scorso fanno dire ai progettisti del centro
commerciale che i manufatti ancora presenti non rivestono alcuna valenza storico testimoniale. Tali
considerazioni sono state ritenute evidentemente probanti dalla Soprintendenza ai BBCC dell’Abruzzo, in
quanto hanno interrotto l’avviato iter per la dichiarazione di interesse culturale del bene, nonostante
provenissero da parte interessata alla realizzazione edilizia e contraddicessero gli elementi che avevano
motivato l’apertura dell’istruttoria. Ma, come è noto, la nostra Costituzione (art. 9) affida il compito della
tutela del patrimonio storico artistico non solo agli organismi statali ma anche agli stessi enti locali che ne
esercitano la potestà attraverso i propri atti deliberativi. In questo senso la LUR 18/83 prescrive tra i
contenuti del PRG comunale (art. 9, lett. p) l’individuazione di edifici degni di tutela e il Comune ha
coerentemente agito in tale direzione stabilendo all’art. 41 del proprio PRG la conservazione dei manufatti
esistenti; la recente approvazione del distruttivo progetto contraddice, quindi, in modo del tutto
inopportuno, la stessa regola che con il PRG il Comune si era data .


Anche in questo caso, come in diversi altri (si pensi alla vicina Giulianova), l’impianto aveva subito
trasformazioni necessarie alla modernizzazione del ciclo produttivo dei laterizi, a partire dal taglio delle
testate del forno continuo per rendere possibile l’accesso dei mezzi meccanici all’interno dei tunnel. Tale
intervento è stato accompagnato a Martinsicuro da altre modifiche della costruzione, come la sostituzione
della copertura e del sistema di smaltimento dei fumi, ma non ha comunque comportato la demolizione
totale dei manufatti esistenti che mostrano ancora parti significative riconoscibili con le quali confrontarsi
in sede progettuale . Proprio per tale motivo sarebbe stato opportuno che il progetto presentato avesse
reso leggibile la stratificazione delle testimonianze esistenti, partendo da una indagine filologica da cui far
derivare gli elementi degni di conservazione e recupero, ben oltre il previsto mantenimento della ciminiera
dell’impianto. A nostro avviso sono sicuramente da salvaguardare i resti del forno di cottura dei laterizi e
la lunga facciata est della fabbrica, che con la sua caratteristica sequenza di aperture caratterizza il
paesaggio pianeggiante di Villa Rosa. Un segno a scala territoriale che non solo è qualificante per la
qualità del luogo ma è significativo anche per la memoria della comunità, elemento importante dello
sviluppo locale e della vicenda umana di tanti abitanti, contadini-operai, del luogo.

Sul piano giuridico–formale gli atti di assenso del progetto, relativi anche alla normativa paesaggistica e
commerciale della regione, sono inficiati da una serie di forzature e illegittimità puntualmente richiamate
nel ricorso presentato al Tar Abruzzo da Legambiente regionale che ne chiede l’annullamento. Ci auguriamo
che le argomentazioni dell’esposto siano positivamente accolte dal tribunale amministrativo e possa così
essere impedita una inaccettabile proposta di trasformazione dell’impianto.
Siamo ben consapevoli che le testimonianze di Archeologia Industriale accompagnino la propria natura di
beni culturali a quella, anch’essa importante, di beni patrimoniali; la difesa delle valenze storico
testimoniali va perciò interpretata consentendo interventi di recupero capaci di attribuire loro nuove
funzioni e nuovo ruolo nei processi di sviluppo locale e, insieme, di mettere in valore le testimonianze
ancora riconoscibili; così come sappiamo che il vincolo in sé del bene non salvi i manufatti dal degrado.
E’ evidente che solo un intervento di recupero e ri-funzionalizzazione del complesso può salvare le
testimonianze altrimenti destinate alla definitiva degradazione ma ciò non può essere fatto attraverso un
intervento omologante e dequalificante che parte proprio dal loro misconoscimento e cancellazione .
Per tutto ciò Italia Nostra chiede con forza una profonda revisione del progetto che veda una diversa
definizione delle destinazioni d’uso, l’introduzione di elementi di valenza culturale e pubblica ed assuma
come perno della composizione architettonica la valorizzazione delle testimonianze storiche residue.

Il Presidente regionale
arch. Pierluigi Vinciguerra

prof. Paola Di Felice,  vicepresidente regionale; arch. Piero Ferretti, socio sez. Pescara




 

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