Intervista a Paola Di Felice dopo il tributo in omaggio a Philippe Daverio in occasione del Premio Di Venanzo. "Non dimenticherò mai il suo entusiasmo quando arrivò a Teramo per visitare il Castello della Monica"

 di Marcello Maranella

 

"Il 2 settembre scorso è morto Philippe Daverio, stroncato da un tumore che lo ha accompagnato per vari anni. Un compagno insidioso e subdolo che, quando ho avuto la prima occasione di conoscerlo personalmente nell'estate del 2013, già da qualche tempo gli teneva compagnia, come era solito ricordare Philippe, sdrammatizzando e scherzando sul suo compagno di viaggio. Perciò stasera il mio omaggio vuole essere allo studioso, al critico d'arte, allo scrittore, ma soprattutto all'uomo. Perchè la morte di Philippe Daverio è l'ennesima perdita di questo funesto 2020 che sta spazzando via un'intera generazione della critica d'arte, seguendo Germano Celant e Maurizio Calvesi".



Ha esordito così Paola Di Felice, direttore emerito del Polo museale della Città di Teramo e Presidente di Italia Nostra, nel porgere ieri pomeriggio all'Ipogeo un commosso tributo al poliedrico studioso, dicendosi onorata e grata all'Associazione culturale Teramo Nostra per la sensibilità espressa nel ricordare un grande maestro nell'ambito della 25^esima edizione del Premio Internazionale della Fotografia Cinematografica " Gianni Di Venanzo". Ad affiancarla nella Sala Ipogea sono intervenuti il presidente di Teramo Nostra Piero Chiarini e il direttore artistico Sandro Melarangelo, il regista Marco Chiarini e il presidente del Consiglio comunale Alberto Melarangelo. E noi a margine dell'evento le abbiamo rivolto qualche domanda cercando di comprendere più da vicino cos'è che attraeva il grande pubblico della personalità di Philippe Daverio.

Come storico dell'arte, saggista, divulgatore, Daverio sapeva usare bene i media: tra i tanti programmi televisivi la conduzione della nota e fortunata striscia di Passepartout su Rai 3 gli diede grande notorietà. Voce particolare, look riconoscibile, con il suo farfallino e le sue giacche originali, Philippe aveva avuto  il grande merito di comprendere insieme a pochi altri, fra cui Achille Bonito Oliva, l'importanza di una comunicazione ad ampio spettro dell'arte moderna e contempranea. Entrambi sapevano offrirsi al pubblico appassionato di arte del piccolo schermo quale unica alternativa all'egemonia di Vittorio Sgarbi, nonostante l'amicizia sincera che intercorreva tra quest'ultimo e Daverio.

Nel 2011 a tutela del patrimonio culturale italiano e con l'obiettivo di dar vita ad una larga campagna di sensibilizzazione Daverio fonda il movimento Save Italy. Nel 2019 annuncia il proprio sostegno al movimento di Emma Bonino più  Europa, deciso a far diventare Venezia la terza capitale dopo Bruxelles e Strasburgo. Un pò visionario e un pò politico?

Certamente una mente effervescente. Ma Philippe è stato anche un politico anomalo. Amato, rispettato e ricordato dai suoi collaboratori quando era Assessore alla cultura e ai lavori pubbici a Milano. La sua era anche la politica del "fare", dell'agire in nome di un ideale di bellezza che l'Italia ha rappresentato attraverso i secoli. E per questo fine era pronto a collaborare con chiunque avesse chiaro un progetto innovativo per far conoscere l'arte e la bellezza. Naturalmente dietro lo studioso c'è l'uomo che ho avuto l'onore di conoscere in più occasioni. Sensibile e raffinato, autoironico e un pò dandy per quel suo modo di vestirsi e persino di atteggiarsi. Dotato, in ogni caso, di capacità di critica intelligente e profonda che sapeva ascoltare gli altri e, se convincenti, faceva proprie le opinioni altrui.

Mi sembra di capire che tra voi sia maturato nel tempo un fecondo rappoto di collaborazione. Quali i momenti più significativi?

Le decine di volte che a Milano ci siamo incontrati per progettare e decidere gli obiettivi della mostra da realizzare a Palazzo Reale, a Milano nel 2014 e poi a Napoli, a Castel dell'Ovo tra la fine del 2014 e gli inizi del 2015 sono stati i momenti più costruttivi che io abbia mai visuuto nella mia carriera di Direttore di un Polo Museale. Come dimenticare il momento in cui, stando amabilmente insieme a cena, e disquisendo dell'arte di Gennaro della Monica, mi convinse che il posizionamento delle piccole opere dell'artista non doveva essere quello tradizionale. Come era nei salotti buoni della società ottocentesca quelle piccole opere con le loro nature erano tele entro cui entrare, sia pure in punta di piedi, non tanto da osservare.

E poi vi siete rincontrati a Teramo?

Ho ancora impresso nella mente il suo entusiamo quando lo invitai a Teramo per visitare il Castello della Monica. Il luogo dove il nostro artista era stato l'eclettico architetto, oltre che pittore, scultore e fine raccoglitore di frammenti architettonici di squisita e antica fattura. Era tanta la sua meraviglia dinanzi ad un'opera così diversa, superba espressione di spirito creativo. Sebbene circondato da più persone sembrava ragionare tra sè e sè sino a quando non espresse il suo parere entusiastico. "Sai Paola", disse quasi stesse narrando una meravigliosa fiaba, "lì alzerei delle quinte per ricostruire il contesto nel quale Gennaro lavorò al suo progetto,  e restituirei al mondo della fantasia quello che nasce dalla fantasia dell'artista. Dedicherei alla fiaba, all'invenzione, alla creatività questo spazio per omaggiare nel modo giusto il suo autore"

Come reagiste?

Fummo tutti entusiasti per quel modo semplice ma diretto di narrare, a sè prima che agli altri,  una storia "altra" ma sempre uguale dedicata agli uomini del futuro, a quei bambini e a quei ragazzi che da "visionari" e solo da "visionari", sarebbero stati in grado di costruire un mondo diverso e migliore, guidato dalla creatività e dalla Bellezza.

Quale eredità lascia Philippe Daverio?

In realtà con lui si perde un intellettuale di straordinaria cultura e umanità, un capace divulgatore della conoscenza, uno storico dell'arte sensibile e raffinato. Ci ha accompagnato nell'affascinante scoperta delle architetture, dei paesaggi, dell'espressione creativa degli artisti, delle fonti del nostro patrimonio culturale. Sarà ricordato come l'intellettuale guidato dalla libertà di pensiero in difesa del bello e dell'arte del nostro paese di cui fu instancabile e geniale narratore.


Mentre ci salutiamo continuano a scorrere le immagini di un bel video a firma di Marco Chiarini, magistralmente ambientato  fra le mura  del Castello della Monica, inframezzato da dotte disquisizioni di Philippe Daverio e Claudio Strinati. Un altro contributo dell'estro creativo in terra aprutina che onora la cultura teramana.

 

 PICCOLA BIOGRAFIA di PHILIPPE DAVERIO


Nasce  in Francia  a Mulhouse, al confine fra Germania e Svizzera da madre francese e padre italiano. Studente tra Varese e Milano della Bocconi dove non si laurea mai. Scopre invece fin da subito l'amore per l'arte inaugurando nel 1975 la sua prima galleria milanese al numero civico 6 di via Montenapoleone, dedicata all'esplorazione delle avanguardie del '900. La sua carriera di gallerista ha anche un esordio newyorchese nel 1986, dove tuttavia si dedica all'arte del XX secolo, mentre nel 1989 apre un nuovo spazio, sempre a Milano, in Corso Italia. 

Docente allo IULM e poi al Politecnico Daverio ha scritto moltissimi libri dedicati soprattutto alla storia dell'arte. Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: Ho finalmente capito l'Italia, Piccolo trattato ad uso degli stranieri (e degli italiani), Gran Tour d'Italia a piccoli passi,Oltre 800 luoghi e itinerari da scoprire; La mia Europa a piccoli passi, tutti editi da Rizzoli. Indimenticabili restano anche Il secolo spezzato delle avanguardie, Il Museo Immaginato, Il design nato a Milano, Storia di ragazzi di buona famiglia, L'arte di guardare l'arte.  

Negli ultimi anni era stato direttore scientifico dell'importante rivista d'arte Art e Dossier: il suo ultimo post su Facebook, risalente all'8 aprile, annunciava proprio il numero di maggio della rivista.  


 

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