Spesso salgo a rivedere da vicino il nostro meraviglioso Gran Sasso. Non più per motivi professionali ma con immutato piacere di riscoprirne il fascino e la forza coinvolgente dei suoi elementi naturali. Fuori dai clamori e dagli umori dell'accoglienza della stazione turistica. Che tuttavia è sorretta da energie vitali per la sua sopravvivenza. Persone che ogni mattina aprono bottega e animano la giornata con bevande e focacce, vin brulè e aperisnow, nonostante gli impianti chiusi e i guadagni risicati della Società di Gestione degli Esercizi Turistici, con il borgo di Pietracamela da risistemare dopo le ferite del terremoto.
Antonio Riccioni è ineguagliabile con la sua vis polemica e con il grande amore per la montagna ferita. Ne ho sempre apprezzato le qualità umane e la gioiosità che trasmette ogni mattina quando si improvvisa regista e accende la telecamera via facebook per comunicare, man mano salendo fino al piazzale Amorocchi, che le strade sono percorribili, che la neve è abbondante, che domani è un altro giorno per sperare, per fare meglio e di più. Qualche giorno fa ha scritto un post con l'impeto che gli è congeniale per ricordare nell'anniversario della tragedia di Rigopiano le due vittime, padre e figlio, che proprio in quei giorni perirono sommersi dalla neve a Poggio Umbricchio di Crognaleto.
La vita riprende piano piano grazie a chi resiste attorno al nostro massiccio roccioso nel nome di chi lo ha onorato con le imprese di grandi alpinisti e con il faticoso lavoro dei rifugisti. Al nome di
Luca Mazzoleni è legata l'esistenza e l'attività del Rifugio Franchetti, una delle mete più frequentate dagli escursionisti e dagli alpinisti ma anche da poeti, scrittori, artisti e musicisti che affinano la loro ispirazione e raccontano, ciascuno con il proprio linguaggio, le magie del creato che lì vicino si rivela con il ghiacciaio del Calderone o apre la vista sul Lago di Campotosto. I concerti che Luca ha organizzato insieme all'associazione
L'Aquila per la vita costituiscono un ponte di emozioni e di incantevoli suggestioni per chi ama la natura pur non potendola attraversare. Un mondo a parte quello del gigante addormentato nel suo vasto regno della biodiversità in cui si incrociano paesaggi sensibili e umane sensibilità che arricchiscono, nel bene e nel male, la vita della montagna così come la racconta
Pasquale Iannetti e come prima di lui rivelò con le
Alte vie di una vita il mitico
Lino D'Angelo. Sono pezzi di storia importante dal punto di vista antropologico e naturalistico che si uniscono alle vicende contemporanee della Gran Sasso Teramano e al dichiarato impegno di una giovane imprenditoria ascolana che si appresta a raccogliere cocci e leggende per trasformarli in un'aggiornata offerta turistica nel rispetto della sostenibilità ambientale. A cui andrebbe ricordato, sommessamente, che stiamo parlando di una delle mete più rappresentative della catena appenninica, crocevia di attraversamenti fra le Alpi e il Mediterraneo nella millenaria storia della transumanza. Dove non attecchiscono decreti sicurezza perché gli insediamenti esistenti sono sorti e progrediti grazie all'integrazione naturale fra etnie di diverse nazionalità. Un esempio virtuoso valido ieri come oggi per ripopolarla la nostra montagna. Renderla vivibile e fonte di benessere sociale ed economico. Facciamo tutti insieme che sia la volta buona?



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