Teramo calcio e i "luoghi comuni" dell'Amministratore Delegato

Eravamo tutti ben predisposti a vederlo alla prova il neo amministratore delegato della società sportiva della Teramo calcio senza minimamente immaginare l'infelice uscita sulla camorra. Per Nicola Di Matteo essere un camorrista è una scelta di vita come è stata per lui diventare imprenditore dopo aver lasciato la sua città e diversi coetanei che hanno poi scelto quella strada. Ma c'è rispetto reciproco. Nessuno invade la sfera dell'altro. Pressapochismo o autoreferenzialità? Certamente parole in libertà di cattivo gusto per chi deve governare un sodalizio di antica e onorata storia sportiva, in una città sicuramente accogliente ma intransigente dal punto di vista etico e morale. L'intervento del sindaco Gianguido D'Alberto non si è fatto attendere deciso a spezzare sul nascere un comportamento offensivo  non solo per gli appassionati di calcio ma per il buon nome di una comunità ben rappresentata da altre società in altrettante importanti discipline sportive. Come del resto hanno stigmatizzato repentinamente l'assessore Stefania  di Padova e il capogruppo Pd Luca Pilotti. Inutile sottolineare che sarebbe opportuna una precisazione chiara da parte del Presidente Campitelli almeno per quanto riguarda il progetto che la società intende perseguire, scevro da qualsiasi fraintendimento. Per ora si registra quella del diretto interessato alla vicenda il quale nel primo pomeriggio, nel precisare di non avere molta dimestichezza con le interviste pubbliche ha, tra l'altro, dichiarato: "Sono scappato per non subire la camorra, sono una persona seria, non si giudichi per luoghi comuni".

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