La Città in Frammenti immaginata da Armando Di Antonio

di Marcello Maranella

Generalmente lo trovi all'angolo di Palazzo Pompetti che scruta la piazza dall'arcivescovado fino al grande olmo davanti alla galleria che sbuca in via D'Annunzio. Quando ne ha voglia allarga il grandangolo e sbircia fra le stradine laterali del centro storico o nelle adiacenti periferie, riconsegnandoci un paesaggio urbano frammentato in cui più che le persone sono le mura, la monumentalità, le incongruenze della modernità che raccontano la storia dentro e fuori la città di Teramo. Sono le immaginazioni quotidiane di Armando Di Antonio che, all'improvviso, si trasformano in fotogrammi preziosi nel volume fresco di stampa, edito da Ricerche e Redazioni dal titolo Teramo, frammenti urbani, in vendita nelle librerie dalla prossima settimana.


E' un invito a guardare ..."cose che mi piacevano ma anche cose che non mi piacevano, e con mia grande sorpresa ho notato che anche le cose che per me erano brutte una volta trasformate in immagini, avevano una loro dignità, sembravano belle". Una dichiarazione sincera e coerente.  Anche fin troppo lunga per l'autore che ti spunta all'improvviso dai portici di Fumo arrotolando una cartina di tabacco e ti accenna con il capo un saluto rallentato, senza proferir parola. Quando riesci a incuriosirlo con argomenti più congeniali al suo mondo egli si limita all'essenziale. Senza giri di parole ma con modi squisitamente garbati esprime il suo pensiero. Con aria imperturbabile continua ad aggirarsi nel bel mezzo degli  eventi  carico di zainetto e macchine fotografiche nel suo lavoro di fotoreporter. Si guarda intorno, seleziona immagini e lo vedi scomparire in sella al suo motore.
 Era così anche quando lo incrociavo nella redazione de Il Messaggero di via Costantini, sempre sopra i portici di Fumo. Ho scoperto la sua sensibilità artistica più tardi. Quando ci si vedeva di rado percorrendo strade diverse, ormai. Nel 1992 per i tipi della Stimmung edizioni era uscito   Metafore dell'assenza, fotografie 1956 - 1991 dove la critica di Rita Ciprelli si soffermava ..."nella crepuscolare malinconia delle figurine di Armando Di Antonio, di una diversità tanto più inquietante quanto più inconsapevole, dimessa, quotidiana". Ne apprezzai subito le doti creative. Metafore dell'assenza resta comunque un alto confronto di stili rigorosamente in bianco e nero fra Paolo dell'Elce, Attilio Gavini, Armando Di Antonio, accomunati o più vicini, se si vuole, al linguaggio del grande maestro di fotografia Mario Giacomelli.


In frammenti urbani, invece, l'autore si muove in solitario pessimismo fotografando lo stato dei luoghi per lo più vuoti, dentro linee di demarcazione urbana fra l'antico e l'oggi, alla ricerca di un possibile dialogo di forme architettoniche e di gradevoli visioni. Non vorrei adesso avventurarmi su problematiche complesse del tipo ...la città che vorremmo. Nel suo piccolo, però, la fotografia deve suscitare emozioni, può accendere la fantasia ed esaltare il bello che c'è intorno a noi. Da questo punto di vista Armando Di Antonio è certamente un bravo maestro, come testimonia questa sua ennesima, limpida narrazione visiva, che troverà presto degno risalto in apposita mostra espositiva come da programma editoriale. Non mi resta a questo punto che augurarvi una buona visione!



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