Dalla Legge Quadro sui Parchi Italiani all'acqua del Gran Sasso contaminata


Scrivo oggi di un anniversario importante.
In tanti inneggiammo all’avvento della Legge Quadro sulle aree protette, da tutti conosciuta come la “394”. Era il 6 dicembre 1991 quando il Parlamento l’approvò in via definitiva dando vita ad un vero e proprio “dizionario di base” per quanto riguarda la protezione ambientale in Italia. In Abruzzo, a quel tempo,  forti minacce di sviluppo economico distorto inducevano la CGIL ad alimentare la pressione sull’opinione pubblica regionale per l’istituzione di cinque parchi regionali, con particolare riguardo all’area del Gran Sasso. Si sviluppò un’accesa critica contro gli indirizzi politici dell’allora Governo Regionale responsabile, si diceva, della discriminazione e della penalizzazione delle zone interne e montane. Era l’inizio di un grande movimento ambientalista. Tempestivamente la maggiore organizzazione sindacale abruzzese convocò a Isola del Gran Sasso un congresso straordinario  sul tema  “Parco Regionale del Gran Sasso per tutelare l’ambiente e sviluppare l’occupazione”. Un messaggio coinvolgente ma, soprattutto, ineludibile nell’ambito del dibattito legislativo che ne seguì.  Una bella speranza divenuta realtà attorno ad una maestosa  icona della natura e della cultura abruzzese. 
Pian piano quell’idea di Parco, circoscritta fra i confini regionali, s’ingigantì all’interno della Legge Quadro istitutiva dei parchi italiani dando origine al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Un territorio di oltre 150mila ettari, ricompreso fra l’Abruzzo, le Marche e il Lazio, in una fascinosa miscela di valloni, cascate e boschi fra le province di L’Aquila, Teramo, Pescara, Ascoli Piceno e Rieti, dentro le antiche mura di quarantaquattro incantevoli borghi. Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga nasceva, dunque, sotto i migliori auspici. A sovrintendere questo prezioso patrimonio di biodiversità fu istituito l’Ente Parco con tutta la sua complessità di gestione, tecnica e amministrativa.  Nel 1996 Giuseppe Rossi, già dirigente e vicedirettore dal 1981 al 1993 nel Parco Nazionale d’Abruzzo, fu chiamato alla Presidenza dell’Ente. Egli conosceva benissimo gli ingranaggi della pubblica amministrazione tanto da gestire sapientemente l’alta dotazione finanziaria assicurata sin dall’inizio al Parco non solo dal Ministero dell’Ambiente. In breve tempo, fra Assergi e Isola del Gran Sasso, fiorivano idee e progetti ma anche tante speranze di giovani studenti, ricercatori che animavano la sede di Montorio al Vomano del Centro di Educazione Ambientale. Da parte sua il Presidente Rossi raccoglieva dissensi e stuzzicava emozioni illustrando in giro per paesi e città l’insostituibile valore della biodiversità e la rinascita dei territori montani. Ricordo ancora l’accoglienza calorosa che noi, all’epoca amministratori della Provincia di Teramo, gli riservammo presso la sede di via Giannina Milli, davanti ad un’affollatissima assemblea di sindaci, cittadini curiosi e scettici professionisti. In quella circostanza si affermò la volontà comune di istituire un Ufficio Parchi presso la Provincia di Teramo al fine di favorire il dialogo fra i due enti territoriali. 

Con un’azione decisa e alternativa al vecchio modello di sviluppo che aveva decretato lo spopolamento e la fine di preziose economie di montagna, iniziava l’opera di “evangelizzazione ambientalista” in cui si confrontavano le diverse anime politiche e ideologiche in una regione con la maggiore superficie sottoposta a vincoli, tutelata e amministrata attraverso i parchi. “Istituire e organizzare un Parco Nazionale è cosa tutt’altro che semplice”, scriveva Rossi presentando il suo rendiconto di gestione 2001. “Specialmente in un’area in cui sono presenti insopprimibili interessi umani da armonizzare e integrare con quelli della natura”. Tanti bei valori del vivere civile dentro la bellezza dei luoghi che oggi, a ventotto anni da quella grande intuizione normativa,  rischiano di frantumarsi di fronte ai cambiamenti climatici, ai dissesti idrogeologici, al consumo forsennato dei suoli con alto tasso di inquinamento ambientale. Come la preziosa riserva acquifera del Gran Sasso d'Italia minacciata da oltre un decennio. Sarà un caso che la tanto annunciata nomina del Commissario di Governo con tanto di dotazione finanziaria per la rapida messa in sicurezza dell'acqua sia scomparsa dall'agenda politica nazionale e regionale?






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