Condannati all'estinzione i comuni italiani sopra i 900 metri d'altitudine fra le Alpi e gli Appennini. In Abruzzo la loro desertificazione prevista fra 67 anni

 di Marcello Maranella



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"L'Italia sguarnita" è il titolo di un interessantissimo reportage che appare nel supplemento domenicale del Corriere della Sera, LA LETTURA. Lo firma Roberto Volpi con agile scrittura ma senza infingimenti sulle cause e sull'ineluttabile declino di 278 comuni italiani che hanno meno di 10 abitanti per chilometro quadrato. Sono abbarbicati sulle nostre montagne, ai confini esterni o lungo la dorsale appenninica ad oltre 900 metri di altitudine, con una superficie totale pari a quella del Lazio. La loro presunta estinzione prefigura ulteriori complessi problemi perchè si tratta di un presidio insostituibile sul territorio, soprattutto dal punto di vista ambientale. Tanto che l'autore del reportage si chiede cosa comporterà tale radicale spopolamento? Riusciremo comunque a preservare certi equilibri ambientali e geografici? Non si rifletterà la loro desertificazione in una più accentuata fragilità del territorio italiano, che diventerà così ancora più esposto a eventi estremi? Sono gli stessi interrogativi che si pongono nei territori intorno al massiccio più alto dell'Appennino, che si estende dal Gran Sasso d'Italia ai Monti della Laga, menomati nella loro preziosa identità originaria a causa dei catastrofici terremoti abbattutisi a L'Aquila nel 2009  e nel 2016 in Centro Italia con la totale distruzione di Amatrice. Quanta bella storia cancellata in un attimo, accartocciata sotto le macerie. Quanti tesori di arte, letteratura, scienze, paesaggi e simboli di comunità in essi racchiusi che non alimentano più in senso attrattivo la magica visione di natura e cultura. Sono anche questi i sensori di uno spopolamento del Paese che avanza inesorabilmente carico di squilibri, diversità, contraddizioni  e incompiute. Determinando, a giudizio di Roberto Volpi, "autentiche linee di faglia capaci di allontanare intere aree e regioni le une dalle altre e di mettere in contrasto, se non perfino in contrapposizione, le une con le altre". 

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Uno scenario che rimanda al raffronto tra il censimento dell'ottobre 2011 e quello del dicembre 2022 secondo cui la popolazione dei comuni in osservazione è scesa dai 112.495 abitanti del 2011 ai 96.858 del 2022 con una perdita di 15.637 abitanti, pari al 13,9 per cento degli abitanti al 2011. Ne consegue una media di contrazione di 1,24 per cento annuo che corrisponde ad una stima di sopravvivenza dei suddetti comuni che non supera gli 81 anni. Anche l'Abruzzo viene collocato in questo orizzonte demografico. Si stima una previsione di sparizione entro i prossimi 67 anni, valutata su un campione di 35 comuni situati a 942 metri di altitudine con 11.515 abitanti risultanti nel censimento del 2022 rispetto ai 13.816 rilevati nel censimento del 2011. (Fonte Istat/ Corriere della sera)

Un'autentica catastrofe, dichiara l'articolista il quale in conclusione del servizio annota: "Qui, in comuni a tal punto poveri di abitanti, praticamente non ci sono nascite, la popolazione femminile in età feconda è ridottissima, l'età media molto alta, così come l'indice di vecchiaia, i rari, rarissimi giovani scendono nelle pianure, vanno ad abitare le città". Forse è il caso di non sottovalutare la realtà e agire tempestivamente per arginare tale preoccupante fenomeno. 

Per i lettori che desiderano approfondire l'argomento si rimanda al servizio "L'Italia sguarnita" pubblicato sulle pagine 18 e 19 de LA LETTURA/Corriere della Sera di domenica 1 ottobre 2023. 

Bibliografia essenziale  

L'antropologo Vito Teti ha dedicato numerosi studi ai territori che si spopolano e alle scelte di chi decide di non abbandonarli:  

La restanza (Einaudi, 2022); Quel che resta. L'Italia dei paesi, tra abbandoni e ritorni (Donzelli, 2017); Il senso dei luoghi. Memoria e storia dei paesi abbandonati (Donzelli, 2004).  


Resto qui di  Domenico Cornacchia, invece, ci propone la fiaba di un giovane  che sceglie di restare a vivere nel suo borgo natio, a Santa Rufina sui Monti della Laga, a confine fra l'Abruzzo e le Marche, sprigionando caparbiamente l'affezione a un pezzo di terra e di un ruscello, alla genuinità e alla tipicità dei suoi prodotti, ai sapori di antichi castagneti che raccontano il vissuto secolare di chi lo ha preceduto e che lui intende tramandare ai giovani che verranno.

 

 



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