Inaugurata ieri pomeriggio presso L'Arca di Teramo la mostra " Giovanni Melarangelo (1903-1978): l'artista e i suoi percorsi"

L’esposizione ricostruisce scientificamente e insieme comunica in modo chiaro l’intera carriera artistica di Giovanni Melarangelo. La mostra, di notevole interesse, si compone di oltre cinquanta fra tele, gouache, disegni e stampe, che nel loro insieme consentono al visitatore di ricostruire l’intero percorso figurativo dell’artista, dalla formazione nel 1917-1918 alla scomparsa nel 1978. 

Le opere sono ripartite in quattro sezioni, in accordo con gli spazi effettivamente disponibili presso L’Arca. Il punto d’avvio è una sezione introduttiva, dal titolo Il mondo di Giovanni Melarangelo. La sezione, dal carattere intenzionalmente sintetico, fornisce al visitatore i dati fondamentali sull’artista. Due pannelli didattici in doppia lingua, italiano e inglese, sono riservati al profilo complessivo dell’artista e alla cronologia. Questa sezione introduttiva culmina con l’immagine guida del convegno e della mostra, l’Autoritratto con il saio dei frati domenicani del 1953. 

Le  tre ezioni successive, che occupano altrettante sale, obbediscono a un rigoroso ordine cronologico.

La sezione dal titolo Fra tradizione e aperture, 1918-1934 vede un Melarangelo poco più che adolescente e quasi sempre disegnatore di vecchi o di monelli confrontarsi con maestri del “verismo umanitario” abruzzese, da Pasquale Celommi a Vittorino Scarselli, da Giuseppe Bonolis a Basilio Cascella. Ma ben presto l’adesione al verismo cede per lasciare spazio a orizzonti di altro genere. Opere leggermente più tarde di Melarangelo come Il riposo dei contadini del 1930 o Sposalizio contadino del 1933 testimoniano il fruttuoso dialogo intrattenuto con colleghi di primo piano quali Antonio Donghi e Mario Sironi.

La sezione successiva della mostra si chiama Esperimenti, 1935-1957. Il titolo sottolinea il desiderio nell’artista di imprimere un cambiamento ancor più significativo alla propria carriera, in termini linguistici e tematici. Il ruolo di spartiacque tocca al Nudo femminile del 1935 e alla coeva Annunciazione; seguono la Natura morta del 1938-1939, Il porto di Giulianova del 1939, la Parata del circo del 1946 e Case di vico del Sole del 1952. Decisivi anche stavolta gli stimoli esterni, rappresentati dagli spettacoli del circo, dal cinema di Federico Fellini e naturalmente da opere di maestri esterni: ecco spiegata la presenza in mostra di quadri firmati da grandi maestri come Antonietta Raphaël Mafai, Fausto Pirandello e Antonio Ciarrocchi.

La sezione conclusiva della mostra s’intitola L’affermazione pubblica: 1958-1978. Melarangelo raggiunse allora il successo regionale e anche nazionale in virtù di una cifra stilistica precisa e di un ventaglio tematico molto gradito alla clientela borghese e alto-borghese: ne sono specchio La maestra di danza del 1958 – un omaggio ex post ai maestri Edgar Degas e Pablo Picasso – La pausa durante lo spettacolo del 1966 o Ballerine d’avanspettacolo del 1972. Il processo di aggiornamento, una costante del maestro di Teramo, previde ora il confronto con Renato Guttuso, lo stesso Ciarrocchi e poi Cristoforo De Amicis, Carlo Treves e Felice Casorati.
Il processo di selezione delle opere in mostra risponde a vari criteri. Risultati rimarchevoli sono giunti dalla ricerca in collezioni pubbliche e private della città di Teramo e dalla sua provincia, ancor oggi relativamente conosciute. Una serie di prestiti dalle stesse raccolte abruzzesi e da altre italiane, in particolare di Roma, ha consentito di stabilire una serie di fruttuosi dialoghi tra Melarangelo e altri importanti colleghi, restituendo al pubblico il contesto linguistico e culturale di riferimento. Fin dove possibile si è infine cercato di utilizzare le potenzialità dei depositi dei musei pubblici della città: da qui provengono fra l’altro le opere di Vittorino Scarselli, di Giorgio Baitello e lo stesso quadro guida della mostra, l’Autoritratto con il saio dei frati domenicani del 1953. mostra si apre con un breve testo critico del prof. Paolo Coen. A distanza di trent’anni e più, il testo di Coen accompagna e dove necessario integra la trascrizione del saggio su Melarangelo composto nel 1990 da Mario de Micheli, ancor oggi da considerarsi un caposaldo interpretativo. Ai primi di settembre 2022 è prevista la pubblicazione di un catalogo, che raccoglie gli atti del convegno svoltosi il 14 luglio. Gli atti fra l’altro renderanno la figura dell’artista all’interno di un contesto scientifico moderno e interdisciplinare.

La mostra si completa nelle bacheche e nei corridoi de L’Arca con una selezione di fotografie, documenti e ritagli di giornale, che servono soprattutto ricostruirne la memoria dell’artista, della sua immagine e della sua biografia.





 

 

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