Uniti per sconfiggere il coronavirus. Intanto restiamo a casa

Iorestoacasa è l'hastag subito diventato virale sui social
all'annuncio delle ulteriori misure restrittive da parte del Capo del Governo, Giuseppe Conte. Concetto del tutto diverso da quando, nel 2009 e nel 2016, la Protezione Civile ci intimava di riversarci in strada per scampare al pericolo dei crolli delle abitazioni strattonate dallo sciame sismico infinito. Perciò adattiamoci con maturità e consapevolezza. Fatte salve, naturalmente, le primarie necessità personali e familiari che ci costringono ad uscire di casa. Siamo tutti tenuti a rispettare le rigide prescizioni impartite e contribuire a debellare il nemico che ci sta facendo vivere in uno stato di guerra. 
Che ci induce a cambiare abitudini e a porre freno ai consumi. Che modifica il senso delle parole. Nella storia del mondo l'uomo è in continua migrazione, per necessità o curiosità. Fino a ieri il termine contaminazione era inteso come arricchimento della conoscenza e consolidava la democrazia integrando culture e saperi  da ogni dove. Ai tempi del coronavirus la contaminazione si traduce in contagio che prefigura l'untore e l'umana specie barcolla di fronte alla paura della morte. Un virus letale e invisibile sta dando i tempi per guarire o soccombere e il panico dilaga agli ingressi dei


supermercati o dentro le carceri in rivolta. Succede in Italia, succede a Teramo. L'Abruzzo non è immune dai casi di contagio ma le strutture sanitarie a livello regionale reagiscono bene grazie alla determinazione e alla competenza dei medici e degli assistenti ospedalieri. Anche i sindaci e gli amministratori locali stanno facendo la propria parte in coerenza con il Decreto. Spetta a loro assumere decisioni fuori dal comune. Quando si tornerà alla
normalità il mondo sarà cambiato nel rapporto fra produzione e consumo e non ci sarà futuro senza salvaguardia ambientale. Quanti fondi occorreranno per riequilibrare il sistema sanitario abruzzese e modernizzarne le funzioni? Quale sarà lo stato dell'economia provinciale dopo l'interruzione forzata per tenere il più lontano possibile il contagio? Quante imprese, quanti negozi, quanti artigiani, quanti insegnanti, quanti servizi di prima necessità, quanta mobilità  avranno resistito ai contraccolpi forzosi a cui sono stati sottoposti? Non cerchiamo le risposte negli altri. Diamole insieme agli altri.

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