
Per un momento ho pensato di trovarmi davanti ad
un’amministrazione comunale senza opposizione. Al Parco della Scienza il
Sindaco, come da ordine del giorno, si è presentato ieri mattina in consiglio
per esporre le linee programmatiche del suo mandato, forte del sostegno della
sua coalizione e intascando i complimenti degli oppositori con il voto di
astensione preannunciato. Non so se definire ciò un nuovo inizio dal punto di
vista comportamentale nella correttezza dei rapporti politici o se, più
semplicemente, siamo di fronte ad un buon inizio di consigliatura immaginando
già le difficoltà di dialogo all’interno di due
diverse concezioni di amministrare la cosa pubblica con scelte di notevole
complessità. Nel suo intervento Giandonato Morra non ha risparmiato lodi al suo
ex avversario in campagna elettorale, precisando in più di un passaggio che non
mancheranno fendenti su decisioni definite strategiche per il futuro di Teramo
se l’amministrazione comunale dovesse mostrarsi inadeguata di fronte ai
problemi impellenti della ricostruzione con particolare accentuazione sulle condizioni
dei cittadini a Collatterrato, sulla sorte dell’Ospedale e i pericoli di
sottomissione ad altri voleri, sulla ridefinizione immediata del ruolo di
Teramo Ambiente. Tutto questo per annunciare che svolgerà il suo compito di
consigliere comunale di opposizione da battitore libero collocandosi nel gruppo
misto, fedele alla sua storia politica e per il bene della comunità che lo ha
accolto con fiducia e rispetto da oltre quarant’anni. E’ stato un intervento garbato il suo ma non da
capogruppo del centro destra teramano come tutti si aspettavano. Senza
indulgere sulle cause della sconfitta elettorale egli ha preso le distanze dalla
coalizione che ne aveva
sostenuto la
candidatura a sindaco e che, forse, gli ha negato la spinta per realizzare quei
sogni a cui spesso ha fatto riferimento nella sua esposizione. Speriamo che il
ricorso al
gruppo misto, evocato spesso come una minaccia per indurre l’interlocutore a
più miti consigli non diventi un alibi per nascondere amarezze e
insoddisfazioni personali che poco hanno a che fare con la politica. Sta qui in
sostanza la forza di persuasione e l’autorevolezza politica del primo cittadino
a cui è stato affidato il compito ma, soprattutto, il peso di trasformare la
città di Teramo da capoluogo di retroguardia a simbolo abruzzese del
cambiamento. Un sogno indubbiamente di grande fascino che tuttavia può essere
funestato e dunque infranto se gli uffici e la dirigenza comunale non entrano in
sintonia con la politica del sindaco e degli assessori. Se la spinta civica al
cambiamento non si traduce in condivisione e pianificazione con altri soggetti
di diversa estrazione politica presenti in consiglio. Se non si valorizza una leva
di giovani energie che il consiglio comunale attualmente esprime nella ricerca delle
risorse materiali e immateriali affinché quella discontinuità da tanti
sbandierata diventi un valore inattaccabile in relazione ai risultati
conseguiti. Sopra questi orizzonti di efficacia ed efficienza governa il
sindaco il quale, giorno dopo giorno, deve alimentare il laboratorio di idee e
di produttività dei suoi collaboratori senza però mai dimenticare che la sua
ultima parola deve assumere un significato politico inequivocabile. Deve
apparire dentro e fuori il Palazzo un sindaco politicamente forte in ogni sua
decisione. Deve rassicurare tutti ma anche intimorire i guastatori della
democrazia e del progresso. Gianguido D’Alberto ne è consapevole e ha le carte
in regola per sopportare fatiche quotidiane e coltivare sogni di gloria per la rinascita
della gente di Teramo. In ogni senso.
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