
Era da tanto che non ripercorrevo la Strada Maestra.
Quella famosa dei distretti turistici del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga che da
Montorio al
Vomano arriva al
valico delle Capannelle, a 1300 metri di altitudine sul livello del mare. Una serie di tornanti, dolcemente predisposti lungo la statale 80 nel cuore della
Val Chiarino, attraversano il regno della biodiversità appenninica dove le province di Teramo e L’Aquila s'incontrano. E’ un viaggio nato all'improvviso, senza meta. Dettato dal desiderio di riscoprire la strada più bella d'Italia ricalcando il tracciato dell'antica romana
Via Cecilia. Panorami mozzafiato ma poco conosciuti. Merito o demerito della nascita dell'autostrada che ne soppiantò il primato di
unica arteria per raggiungere Roma dall'Abruzzo. Il fascino naturalistico è pressochè immutato ma la vita dei pochi residenti rimasti non è più la stessa dopo gli ultimi anni funestati da calamità naturali e terremoti devastanti. Devo dire, tuttavia, che ho viaggiato con gran piacere al caldo settembrino su un
manto d’asfalto liscio come un biliardo senza incrociare motociclisti che, specie d'estate, sfrecciano veloci come fossero in gara su una pista perfetta e ben tenuta con eccellente segnaletica stradale e gallerie illuminate a giorno. A dire il vero essi destano più di una preoccupazione fra gli automobilisti in transito ma, a loro modo, sono pur sempre turisti o visitatori della domenica in un territorio meraviglioso dal punto di vista paesaggistico, sempre meno frequentato da uomini, mezzi e mercanzie come accadeva in passato. Si racconta che lo sportello dì
Aprati della Cassa di Risparmio della provincia di Teramo costituiva
uno dei punti di forza fra depositi e risparmi generati dall'indotto turistico, commerciale e dei servizi.
Oggi la situazione è completamente cambiata. I riflessi della crisi economica e finanziaria del Paese incidono fortemente sulle economie locali. In un tratto di circa
cinquanta chilometri mi
sono fermato una decina di volte: per bere un caffè, chiacchierare con montanari
autentici, fotografare un grande lago dorato, attraversare un paese
famoso che ne porta il nome ma che ormai non
esiste più!

Prima tappa dinanzi al bivio
per Pietracamela dove le scritte gialle scrostate sopra muri fatiscenti preannunciano a sinistra il
Gran Sasso d’Italia e a destra la stazione
sciistica di
Prati di Tivo. Ogni giorno che passa quelle abitazioni della vecchia stazione di posta esprimono il segno del declino e dell’abbandono dopo decenni di floridezza nel secolo scorso, quando era un efficiente luogo di aggregazione sociale. Per chi saliva e scendeva dagli impianti sciistici dei Prati o per i cantonieri della Provincia, per gli scalpellini rinomati o per le maestranze della società elettrica TERNI nelle pause di ristoro. Era anche il punto vendita e deposito della Ditta Gavini, la famosa conosciutissima industria di bibite sorta nel
quartiere Gammarana di Teramo con vendita esclusiva in quegli anni nei comuni di Pietracamela, Fano Adriano e Crognaleto.
Una ragazza dall’aspetto cordiale ma con evidente
riserva verso lo sconosciuto mi guarda come per dire di spostare l’auto
parcheggiata davanti al bar
Arno che pensavo fosse chiuso. Mi scuso con lei per la mia sbadataggine e saluto gli unici due avventori dall'aspetto gentile con cui entro subito in empatia: qualche sorriso e tante domande sulla vita di oggi intorno al Gran Sasso.
Mi spiegano simpaticamente che le indicazioni stradali sono importanti per la
promozione turistica ma non su quei muri che possono crollare da un
momento all'altro. Senza contare che i
proprietari degli immobili di fronte sono tanti e sparsi per il mondo,
dunque irreperibili per qualsiasi richiesta di restauro. Che il
turismo è fiacco su tutto il territorio montano dove le polemiche non
aiutano. In qualche modo resiste ai Prati di Tivo per la tenacia di
pochi operatori che non mollano organizzando eventi di richiamo ma non
sufficienti per fare grandi numeri, mentre la stazione di
Prato Selva è irrimediabilmente chiusa.
Che speravano nella Gran Sasso Teramano dice uno di loro, tra l'altro dipendente della società in liquidazione su cui pesa l'altra esperienza negativa della Sangritana quando si pensava che la nuova ovovia avrebbe garantito un flusso considerevole di fruitori in ogni stagione. Che occorrono interventi condivisi e ragionevoli al passo con i tempi. Che, comunque, la speranza del rilancio è l’ultima a morire. Ci salutiamo con un cordiale arrivederci e mi rimetto in movimento sopra il tappeto
asfaltato pensando alle strade della mia Teramo così dissestate. Contraddizioni geografiche e politiche del nostro tempo!
Della storia dei borghi è piena la nostra
montagna come è sinteticamente evocata dai pannelli lungo la Strada Maestra
ma anche raccontata da una memoria orale ancora viva a
Poggio Umbricchio con il Mulino De
Giorgis, a
Cerqueto con il Presepe vivente, a
Tottea con la sua specificità di etnia imprenditoriale,
a
Cesacastina con la ricchezza delle acque delle cento fonti, a
Nerito di Crognaleto con
due scuole e un parco giochi che “rinascono” grazie al sostegno dell'IKEA e alla perseveranza e l'intraprendenza del sindaco Giuseppe D'Alonzo. Sono solo alcuni esempi di coesione
umana e culturale che resiste da secoli in un mondo globale, frettoloso e virtuale,
sempre più distante dalle
"zone interne".

A Ortolano sono già in territorio aquilano ma non incontro
anima viva fino alla centrale elettrica del lago di Provvidenza dove, in
lontananza, scorgo figure umane che transitano sopra la diga. Forse sono
operai addetti alla manutenzione o fungaioli al rientro. Il silenzio è
tombale. Chissà se "La Mascionara" è ancora aperta per acquistare
dell'ottimo formaggio? Mucche, pecore e cavalli al pascolo sono le uniche
presenze sparse sull’altopiano che porta al lago di Campotosto nell’ora
che anticipa il tramonto e
il sole gioca a nascondino fra le nuvole. La magia del secondo lago
artificiale
più grande d’Europa è indescrivibile in ogni momento della giornata. Lo attraverso con emozione e
mi fermo in mezzo al ponte che porta a
Mascioni, regno di pastori e pescatori di
coregone. Comincio a scattare foto freneticamente mentre il sole appare e
scompare. In paese incontro giovani padri con figli al seguito sul trattore, persone
che stazionano davanti alla macelleria e
altre che escono dalla tabaccheria. Apro il
finestrino e chiedo notizie di Berardino, il mio amico pastore che guardava i
lupi negli occhi mentre era di guardia alle pecore nello stazzo.
Da giovane
giocava bene al calcio. Incontro per caso Giovanni e chiedo notizie di lui ma non sa dirmi dov’è
al momento. “Come vanno le cose a Mascioni?”, incalzo con un po’ di timore. “
Tiriamo
a campare..... che volemo fa?” e subito aggiunge “
ma se entro due anni non si
ricostruisce in paese non rimarrà più nessuno”. La bellezza panoramica del lago fra le case di Mascioni mi esorta ad
ammirarlo anche dalla parte di
Poggio Cancelli dove l’invaso finisce e la strada prosegue
per Amatrice.
Arrivo al bivio che è
quasi sera. Senza titubanze giro per
Campotosto per riprendere la via del ritorno. Il borgo è
un agglomerato di macerie e di fondamenta riemerse. I cingolati sono ancora al
lavoro tranne quello con la gru gigantesca sospesa sull'area dove sorgeva la trattoria "
Il Barilotto”. Altra storia di montagna operosa e accogliente cancellata senza appello. Rallento trattenendo il respiro. Attimi di tristezza infinita. E' ormai buio ma poco prima il sole è tramontato oltre il lago donandogli tutto il suo splendore. Come a voler significare che domani il sole sorgerà ancora e ancora darà energia a nuova vita sopra le vette più alte della catena appenninica.
testo e foto di marcello maranella
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