Io RESTO QUI, nella mia Laga, magari ci scrivo un libro!
E' in questa atmosfera carica di simboli e di parole che si sono susseguiti i tre appuntamenti ottobrini promossi dalla libreria Tempo Libero dando voce al territorio aprutino in cui si celano energie creative di tutto rispetto. Se non altro perchè esplorano e narrano di umane vicende che si consumano quotidianamente dietro l'angolo di casa nostra. A partire dal racconto noir di Condominio Baltimora ambientato a Teramo in cui un normale amministratore di condominio si trasforma in abile investigatore nella fantasia dell'autore Franco Di Michele, il quale annota che "l'indagine e le storie d'amore con cui si intreccia, diventano quindi il pretesto per descrivere il mondo contemporaneo con i suoi problemi, i suoi limiti e le sue nevrosi", inframezzati da gustose esclamazioni in dialetto teramano." Con L'ospite della camera 201 si evocano ritorni al passato, quando Benito Mussolini soggiornò suo malgrado nel settembre 1943 nell'albergo di colore rosso vivo svettante sull'altopiano di Campo Imperatore. Una triste vicenda ormai consegnata alla storia ma che nel romanzo di Andrea Fazzini riaccende sentimenti contrastanti in chi per varie ragioni si ritrova al cospetto dell'ingombrante personaggio.
Resto qui di Domenico Cornacchia invece ci propone la fiaba di un giovane che sceglie di restare a vivere nel suo borgo natio, a Santa Rufina sui Monti della Laga, sprigionando caparbiamente l'affezione a un pezzo di terra e di un ruscello, alla genuinità e alla tipicità dei suoi prodotti, ai sapori di antichi castagneti che raccontano il vissuto secolare di chi lo ha preceduto e che lui intende tramandare ai giovani che verranno. Parla con tono pacato il giovane Domenico. Con buona proprietà di linguaggio mette in fila concetti di natura antropologica a supporto del suo voler vivere in un microcosmo sconosciuto al confine fra le province di Teramo e Ascoli Piceno. Sembra che abbia fatto proprio il concetto di "restanza", termine coniato dall'antropologo Vito Teti, fondatore del Centro di Antropologie e Letterature del Mediterraneo presso il Dipartimento di Filologia, il quale in una recente intervista ha dichiarato che nella forza antica del restare poggia il segreto del ripopolamento italiano. Aggiungendo che restanza è un termine classico adoperato già da Dante nella Divina Commedia. Restare dunque non è un fatto di pigrizia, di debolezza, è un fatto di coraggio! E che si può interagire con il mondo circostante pur restando legato alle proprie radici.
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