Quella vecchia ramiera di Villa Tordinia alla periferia di Teramo
Eravamo alla fine degli anni novanta del secolo scorso quando si riaccese l'attenzione per il futuro della ramiera con appelli alle istituzioni locali per trasformarla in museo del rame a beneficio degli studenti e dei ricercatori ma anche per attrarre la curiosità del turista in transito sulla via del Gran Sasso. Qualcuno, tra gli ambientalisti più lungimiranti, azzardò anche la possibilità di facilitarne la visita attraverso un prolungamento delle piste ciclabili costeggiando il lungofiume. Quelli più informati ricordavano con orgoglio che prima che nascesse la frazione di Villa Tordinia sugli indirizzi postali era sufficiente scrivere da qualsiasi parte del mondo TERAMO_RAMIERA....e le lettere arrivavano tutte a destinazione.
Sto sognando ad occhi aperti per non ammettere che della vecchia ramiera non c'è più traccia mentre sfioro con le mani la rete metallica supportata da filo spinato arrugginito che mi impedisce di accedere alla stradina di sotto per verificarne la definitiva scomparsa. Torno indietro e comincio a girare fra le abitazioni del borgo adiacente in cerca di notizie ma fra mezze frasi, diffidenze e non ricordo la memoria orale è già in via di offuscamento. Come avviene in questi casi la natura si riprende i suoi spazi decretando l'oblio di un "pezzo" di archeologia industriale e di preziosa cultura materiale davvero unici per la storia della città di Teramo.
Ma tant'è. Nessuno più ricorderà quel peregrinare continuo di calderai che arrivavano alla ramiera di Villa Tordinia nascosta tra le canne e gli arbusti per rifornirsi di
"masse". Tipici lingotti di rame da modellare in tanti oggetti rifiniti
e luminosi che la creatività artigiana locale trasformava in cuccuma,
scaldaletto, conca e mestolo. Ad accoglierli con modi gentili c'erano due coniugi un pò avanti negli anni, ma molto attivi nel custodire con rara maestria l'officina sulla cui porta d'ingresso, in alto, arrugginita ma chiara, si leggeva una data: 1857. Una storia lunga raccontavano Luigi e Elsa Mercuri davanti a quel maglio installato più di centotrenta anni prima, proveniente dall'ancor più antica ramiera di Chiarino di Tossicia, nella ridente Valle Siciliana, regno incontrastato di ingegnosi artigiani, quasi artisti nella lavorazione del rame. Quando la scoprii rimasi incantato fra quelle mura annerite e bagnate dalla forma ricavata dal fiume per azionare con cura ora il fuso e il mortaio, ora le tenaglie e il tagliere, ora la fucina e il maglio contornati da una miriade di formelle sparse sul pavimento. Emozioni indescrivibili che cercavo di fissare nella mente prendendo nota e scaricando il rullino della Canon appena acquistata.
Anche nella civiltà digitale che stiamo attraversando il rame costituisce un elemento essenziale nell'architettura d'interni e all'esterno di appartamenti, uffici e negozi. Non si corrode e non ha bisogno di verniciatura. Designer famosi ne esaltano la funzione estetica e decorativa in relazione alle tendenze più innovative in cui, forse, la mitica ramiera di Villa Tordinia avrebbe potuto ritagliarsi un ruolo al passo con la modernità che incalza....
...."Le cose passate fanno lume alle future", ammoniva Guicciardini, "perchè el mondo fu sempre di una medesima sorte; e tutto quello che è e sarà, è stato in altro tempo, e le cose medesime ritornano, ma sotto diversi nomi e colori; però ognuno non le ricognosce, ma solo chi è savio, e le osserva e considera diligentemente" .
Buona Pasqua ai lettori con i migliori auspici!
photo di Marcello Maranella, Pino Dell'Aquila, rivista Artigianato Cna Teramo
Commenti
Posta un commento