Scrivo con piacere questa ennesima nota sul destino del
Teatro Romano
perché finalmente il Consiglio Comunale di Teramo ha sancito all'unanimità l'approvazione del progetto di
recupero. Se da un lato si rende omaggio alla volontà popolare di ridare
lustro alla città di Teramo attraverso un giacimento culturale prezioso ma per
troppo tempo lasciato in abbandono dall'altro si indica un cammino più sicuro
fra i meandri della burocrazia e dell'immobilismo.
Gianguido D'Alberto, il sindaco della discontinuità
amministrativa con il passato, incassa il gradimento dei comitati di quartiere,
della sovrintendenza, delle associazioni dei costruttori, degli ordini
professionali, di
Teramo Nostra a cui va riconosciuto, senza alcun
dubbio, un ruolo trainante, instancabile e coerente per la soluzione del
problema.
In meno di due mesi dall'incontro dei primi di febbraio convocato al
Parco della Scienza fra gli amministratori e le espressioni sociali sopracitate si
è
arrivati, come da crono programma annunciato dal
sindaco, all'approvazione della deliberazione consiliare del 28 marzo 2019.
Tempi rapidi per una giunta comunale che pur tra mille difficoltà pregresse
intende restare collegata alle effettive esigenze della comunità teramana per
ricostruire una prospettiva di sviluppo realmente sostenibile. Mi è parso
questo il senso dell'intervento dell'assessore ai lavori pubblici
Stefania di
Padova, da tempo impegnata fattivamente nel suo quartiere di Santa Maria a
Bitetto per un progetto complessivo di rigenerazione
urbana dell'area in cui insistono i resti del Teatro Romano.
Non mi
stanco mai di sottolineare che l'apertura di un cantiere, in questo caso della
cultura del restauro e dell'offerta turistica conseguente, possa dare l'avvio
ad un sistema museale di archeologia con cui coniugare agli occhi del
visitatore i segni eloquenti di architettura e del paesaggio urbano
nell'evoluzione della società aprutina dall'antichità al contemporaneità. Penso
naturalmente alla
Cittadella della cultura che sorgerà nel complesso dell'ex
ospedale psichiatrico, penso alla rapida sistemazione antisismica del
Museo
Archeologico “F. Savini” ma anche alla fruizione, meno saltuaria, del sito di
Largo Torre Bruciata con quel che resta della prima cattedrale di Teramo e
della fastosa villa Romana del I secolo a.c.
Che sia di buon auspicio la delibera sul Teatro Romano affinchè il Polo Museale di Teramo diventi finalmente
attrattivo e competitivo nella comunicazione e nell’organizzazione dei servizi di accoglienza turistica. Che esalti il centro
storico cittadino in una fusione di eventi d’eccellenza fra
la Pinacoteca civica e il Laboratorio per le arti contemporanee (ARCA) e capolavori unici custoditi in Cattedrale: dal Polittico di
Jacobello del Fiore al Paliotto di Nicola Da
Guardiagrele. Da questo punto di vista oggi la città è
spenta come, del resto, lo sono altre località abruzzesi affannate fra ricostruzione e contenimento della spesa
pubblica. Mettiamoci tutti d’impegno, dunque, per dare corpo ai sogni dei
teramani e di tanti giovani talenti rendendo remunerativo il capitale della
conoscenza e della bellezza dei luoghi d'Interamnia.
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