ICTUS e la vita riconquistata di Samsa Gregor



Ciao Marcello, sono Samsa Gregor, sapevi che ho scritto un libro sulla mia esperienza con l’ictus?”. Era un interrogativo secco, per certi versi sconcertante, quello che mi sono visto rivolgere via whatsapp di prima mattina, tra un sorso di caffè e l’inizio di una giornata piuttosto impegnativa. Dopo qualche attimo di esitazione ho cercato di capire meglio su una problematica  a me completamente sconosciuta. Fra incredulità e curiosità sono andato subito a caccia della pubblicazione. Intanto arrivava  un altro messaggio, meno diretto …avviso ai miei amici di Teramo: se avevi pensato di leggere “Arcipelago ictus” ma non ami ordinare libri su internet vi segnalo che a Teramo si può ordinare presso le librerie di
E’ andata proprio così e vi posso assicurare che non si è trattato di una lettura tutto d’un fiato, nonostante la scrittura rispetti i crismi della chiara narrazione.  Sono gli effetti collaterali della malattia che la rallentano e ne motivano il fine. E’ quella voglia di comunicare nel dolore l’amore per il lavoro e per la famiglia, i gusti e le passioni di una vita che sulla soglia dei sessant’anni di brillante carriera nel settore informatico si blocca e, se ti va bene, ricominci a vivere in un’altra dimensione. Con altri ritmi, s’intende. Accettando una sfida che vuole essere anche giocosa… “perché il suo scopo  non è suscitare compassione, ma far conoscere a più gente possibile gli effetti di questo male  di cui si parla poco nei media, nonostante si trovi al secondo posto in Italia come causa di morte  e al primo come causa di invalidità spesso molto gravi e permanenti”.  Per fortuna non è il caso del nostro amico teramano che è ancora in riabilitazione ma a buon punto di recupero grazie alla grande forza di volontà espressa sin dall’inizio del trauma e alla fluidità della mente che lo riporta alle letture giovanili della Metamorfosi di Franz Kafka…”Dove il protagonista si sveglia al mattino col suo normale flusso di pensieri ma con il corpo trasformato in quello di un grosso insetto  a sei zampe che si trova poi faticosamente costretto a imparare, a conoscere, a controllare. E si preoccupa di come fare a non perdere il treno e la giornata di lavoro  nelle sue nuove condizioni piuttosto che dell’assurdità della sua trasformazione, quasi accettandola come momentanea stranezza …proprio come è successo a me!”.   
E’ incredibile e ammirevole al tempo stesso la tenacia di Samsa Gregor che decide di recuperare le capacità motorie perse lanciandosi anima e corpo nella riabilitazione come un guerriero in battaglia. Comprendendo però che il vero obiettivo  da raggiungere era il suo posto e il suo ruolo nel mondo. “Allora ho cominciato ad osservare e documentare il mio percorso, come un esploratore in terre sconosciute…e ho cambiato passo!”.  Immergendosi in quell’arcipelago sanitario di specialisti e operatori  che ti organizzano il tempo,  la gestualità, i comportamenti (da cui dipende soprattutto l’equilibrio con i propri cari che non ti mollano mai) egli capisce che per vivere quell’esistenza lenta e incerta  occorre riaprire i files dell’altra vita “sana” . Decide di frequentarla di nuovo attraverso i ricordi  legati alle regate in mare e alle escursioni godute nella bellezza del paesaggio sotto il cielo del Gran Sasso. Come a voler integrare la terapia clinica dei movimenti quotidiani, faticosi e dolorosi, con i voli della mente. Formidabili questi ultimi  per riprendere in mano il timone e manovrare gli ormeggi , guardare oltre l’immenso mare della vita. Deciso a trasformare la sventura in una nuova avventura come del resto ha vissuto in precedenza tanti momenti esaltanti. E così,  Riccardo comincia a tendere il filo di Arianna nel labirinto virtuale della rete presentandosi come Samsa Gregor in aperto dialogo con i suoi “simili”, alla ricerca della conoscenza e dell’altrui sofferenza. Ne viene fuori un   libro di duecento pagine, fitte di cronaca e stati d’animo che animano un racconto di straordinaria realtà in cui, infine, prorompe una benefica distensione chiamata resilienza.  Che in psicologia indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici fino a spingere l’autore ad esclamare…..”e così l’ictus, con me, è stato più maestro che mostro: qualcosa mi ha tolto nella padronanza di me, ma qualcos’altro mi ha dato”.  In questi tempi tumultuosamente fagocitanti è sempre più raro imbattersi in un bell’esempio di serenità d’animo. Buona lettura.

Pubblicato anche sul quotidiano della provincia di Teramo "La Città" di domenica 3 marzo 2019

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