Accordi e ballottaggio



La rassegna stampa di oggi ci riconsegna i volti contratti di Gianguido D'Alberto e di Giandonato Morra intenti a ribadire il loro no secco ad apparentamenti, ormai impossibili,  in vista del ballottaggio di domenica 24 giugno in cui i teramani consacreranno il nuovo sindaco di Teramo. Secondo Gianguido D'Alberto saranno i cittadini, liberi e avveduti, a scrivere una pagina significativa della politica teramana. All'insegna della discontinuità e del buon governo.  In conflitto aperto con Giandonato Morra che concentra su di se il 34,63 per cento dei consensi elettorali.   Fin qui nulla da eccepire, in linea di principio, dal momento che D'Alberto con il suo 21,13 per cento rivendica  la sua storia amministrativa offrendo le migliori garanzie di competenza e rigore per assicurare rinnovamento e trasparenza e per anteporre la difesa del bene comune agli interessi individuali. Il riferimento a Giovanni Cavallari che invita i suoi a votare secondo coscienza è piuttosto esplicito. Al contrario di Mauro Di Dalmazio che andrebbe valutato al di là delle intransigenze di principio dichiarate. In definitiva anche Morra pone giustamente le sue credenziali di persona seria e responsabile, sia pure da angolazioni diametralmente opposte al suo avversario nel segno della continuità al potere. Nessuno dei due però ha la forza sufficiente per saltare gli ostacoli sulla pista del ballottaggio e tagliare il traguardo del vincitore.  Occorrono voti. Altri voti per marcare la differenza sotto il profilo squisitamente politico. Nel senso di persuadere gli elettori non solo con le buone pratiche amministrative di cui tanto si è detto in campagna elettorale. Abbondare di civismo taumaturgico per evitare contaminazioni con appartenenze diverse non giova alla politica delle alleanze per governare Teramo. Ostentare sicurezza nelle previsioni di domenica prossima non è sufficiente a ridestare emozioni nell'animo degli elettori per indurli a dare fiducia sulla parola ai propri futuri governanti.
Il futuro, appunto. Quello che sapranno ricostruire dopo le devastanti calamità naturali. Quello che richiamerà al piacere del fare sistema la meglio gioventù e affiderà loro le redini dello sviluppo senza voto di scambio mercantile e mortificante. Quello che renderà Teramo e il suo bel territorio fonte di benessere e anticipatore di esperienze inedite, attraenti, competitive, esportabili, remunerative per ulteriori investimenti di rigenerazione urbana e umana. Quel futuro che non conserva pregiudizi e intolleranze. Quello che alimenta idee  di progresso e di civiltà. Quello che affida al nuovo Sindaco l'autorevolezza politica necessaria ispirata al buon governo come specchio della nostra identità. Che vale tanto nel confronto istituzionale. Che è riconoscibile e forte nella contrattazione sociale, economica e culturale. Parlo di  un futuro non molto lontano, naturalmente. L' utopia possibile se il fine (rinascita) giustifica i mezzi (accordi). Quelli leciti, coinvolgenti nella loro trasparenza fra chi dovrà sedere a Palazzo di Città e chi, in percentuale, dovrà appoggiarne la corsa finale condividendone i presupposti.  Dunque i due candidati hanno il dovere di assumere posizioni politiche decifrabili e convincenti. E decidere in assoluta autonomia se accettare o meno le altrui richieste. In caso contrario le parole volano....insieme agli elettori vaganti!     ma.ma.

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