Il Camoscio d'Abruzzo, simbolo del Parco Nazionale Gran Sasso-Laga, ancora oggi considerato l'esemplare più bello del mondo


AltreNote

di Marcello Maranella 

Con queste belle giornate di sole è alquanto suggestivo ammirare i camosci al pascolo nei territori  montani del  versante teramano del Gran Sasso d'Italia. Compaiono all'improvviso in cima alle rocce e vi restano  immobili come sentinelle a guardia del loro regno di rara bellezza paesaggistica. E poi si allontanano saltellando con strabiliante leggerezza fra le pareti scoscese del Gigante. Al cosiddetto "popolo delle rocce" l'eccellente etologo Sandro Lovari ha dedicato con passione studi di notevole interesse scientifico.

Mi torna in mente una bellissima alba di ottobre di diversi anni fa quando tornai a contar camosci sulla Conca del Sambuco. Ero in buona compagnia di passo con tecnici del Parco e agenti del  glorioso Corpo Forestale. Ci accomunava  la medesima intensa curiosità verso una specie denominata Rupicapra pyrenaica ornata descritta come   il camoscio più bello del mondo

Del resto quando nacque il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga la scelta del logo cadde opportunamente sul camoscio che ancora oggi si ritrova lungo tutta la perimetrazione dell'area protetta. Dal Voltigno alla Laga, dalle alte vette alla Valle del Chiarino, il simboletto di colore verde porge al visitatore il benvenuto nel magico mondo della biodiversità. 

 

Un pò di storia
Il camoscio appenninico è una delle entità faunistiche più rare, tale da essere inserita come specie prioritaria nell’Allegato II e IV della Direttiva Habitat e in altre convenzioni internazionali. Già negli anni ottanta il Parco d’Abruzzo, insieme alle maggiori associazioni ambientaliste, aveva elaborato un “Progetto Camoscio” che però prende il via nel 1991 con la promulgazione della legge Quadro sulle aree protette - 394/91 - da cui dipenderà, come vedremo, la buona riuscita dell’operazione di reintroduzione. Alla fine di luglio del 1992 l’area faunistica di Farindola, nel versante pescarese del Parco, si prepara ad accogliere i primi tre Camosci. Il lavoro di monitoraggio è certamente faticoso ma i successi non tardano ad arrivare dopo l’altro rilascio avvenuto in ottobre a Campo Pericoli, nel cuore del massiccio del Gran Sasso,  dove altri sette camosci sono lasciati in “esplorazione”, completamente liberi tanto da disperdersi in varie direzioni. Infatti durante l’inverno e la primavera successiva sono avvistati esemplari nei comuni di Isola del Gran Sasso, Crognaleto, L’Aquila, Pizzoli. Come nelle fiabe appare Bella, l’unica femmina a stabilizzarsi e a sopravvivere sul Monte Cefalone in attesa di fare altre conoscenze. Altri nove esemplari vengono liberati  nel 1993 sul Monte Coppe.

Da qui un maschio di nome Gandalf si stacca dal gruppo dei nove e, attraversando tutta la catena, si ferma sul Cefalone insieme a Bella dando così vita al branco che dal 1994 si riproduce felicemente. Gli altri animali colonizzano il versante meridionale della catena e scelgono le pareti più impervie del Monte Camicia, negli stessi luoghi in cui, cento anni prima, i cacciatori avevano ammazzato l’ultimo camoscio come, purtroppo, riferiscono le cronache dell’epoca. Nel 1994, nello stesso sito si celebra l’ultima liberazione di dieci esemplari. A quel punto finisce la fase di erratismo e si stabiliscono tre distinti branchi in tre diversi territori. Nel 1998, con la nascita di tredici piccoli, nei tre branchi la popolazione conta circa cinquanta esemplari e l’areale di presenza si estende dal Monte Camicia al Cefalone. 
Alla luce di questi risultati il primo progetto triennale Life-Natura sulla specie, finanziato dalla Comunità Europea, determina azioni specifiche di monitoraggio, rinforzo dei nuclei con altre liberazioni di nove esemplari e un’adeguata campagna d’informazione. Alla fine del 2001 i branchi di camoscio sono cinque, in quell’anno si contano diciannove nuovi nati e il Censimento autunnale stima la popolazione in circa 90/95 esemplari. L’Area faunistica di Farindola viene “promossa” a “Captive Breeding Area” per future liberazioni su altri massicci dell’Appennino Centrale. Il Ministero dell’Ambiente, grazie anche ai risultati ottenuti sul Gran Sasso, stila il Piano d’Azione sulla specie che contiene le Linee Guida e le misure di tutela da perseguire. Un secondo finanziamento Life della Comunità Europea nel 2002, che vede coinvolti i tre nuovi Parchi Nazionali dell’Italia centrale, prosegue la reintroduzione approfondendo le problematiche evidenziate negli anni trascorsi e tracciando i possibili futuri scenari per la specie.

Nel calendario 2025 del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, dedicato al trentesimo anniversario dalla sua istituzione, si legge: "Simbolo del parco, il Camoscio appenninico a cento anni dall'estinzione è tornato sul Gran Sasso grazie ad un progetto di reintroduzione che lo ha portato a ricolonizzare  le montagne, dove oggi si contano migliaia di individui. Il Progetto Life Coornata mira inoltre a comprendere le cause e contrastare le criticità presenti nelle popolazioni concentrate nei parchi e incrementare la presenza della specie nei siti individuati dall'Action Plan del Ministero dell'Ambiente".

foto Marcello Maranella

 





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