ATRI città d'arte e di aneddoti curiosi: quando lo scultore firmò con una lumaca la sua opera d'arte

di Marcello Maranella

Atri è città d'arte. Così attesta il cartello impiantato sul ciglio dell'ex strada provinciale che sale da Pineto e scopre, in alto, la terrazza belvedere della Villa comunale. Un avvertimento che predispone il visitatore a lasciare al più presto la circonvallazione per orientarlo fra vicoli, piazzette e balconi fioriti dell'accogliente  città ducale. Oltre il perimetro del centro storico che muove da Piazza del Duomo, prosegue lungo Corso Elio Adriano fino alla nobile dimora degli Acquaviva, Atri è un proliferare di chiese, musei, mosaici, resti archeologici e pregiate architetture attraverso cui si disvela la sua storia millenaria.

Che è fatta anche di piccoli dettagli narrati fra lunette, capitelli e colonne ispirate dalla fantasiosa satira  popolare come testimonia la lumaca scolpita molti secoli or sono in un angolo della facciata della chiesa di Sant'Agostino che si incontra sulla destra, imboccando  corso Elio Adriano. La famosa ciammaica assurta a simbolo d'arte è ancora lì che regge la sfida del tempo. Si potrebbe definire un elogio seminascosto alla lentezza e alla longevità ma pur sempre parte integrante di un portale considerato dagli studiosi tra i  più eleganti del quattrocento abruzzese. A chi ama recarsi in Atri per vacanza o, più semplicemente, per godersi una rilassante passeggiata tra le sue meraviglie urbane e paesaggistiche si consiglia di soffermarsi a rimirarla incastonata fra gli altri elementi scultorei concepiti dall'estro creativo di Matteo Campo da Napoli su commissione nel 1420 del duca di Atri Pietro Bonifacio Acquaviva. Immaginando magari la scena di un cantiere sul sagrato antistante l'ingresso della chiesa animato da maestri artigiani, scalpellini, maestranze varie intenti ad impreziosirne la facciata. Ma i lavori non finivano mai tanto da stimolare la fantasia popolare degli atriani affibbiando all'artista il soprannome in dialetto atriano di ciammaica il quale, con altrettanta ironia, trasformò il nomignolo in pregevole firma d' autore. 

La verità è che il bravo scultore di origine partenopea era impegnato su più fronti lavorativi tanto da non riuscire a conciliare i tempi di ultimazione delle opere avviate. Si narra, infatti, che
avesse contestualmente altre commissioni a Isola del Gran Sasso e Cellino Attanasio. Ciò non gli impedì di realizzare uno splendido portale stile tardo gotico in un luogo di culto che ha avuto nel corso dei secoli un ruolo di primo piano nella vita religiosa della comunità atriana. Anche all'interno si lasciava ammirare un affresco del grande Andera De Litio commissionato dal duca Giosia D'Acquaviva raffigurante La Madonna delle Grazie. 
Nel decennio 1954/1964 la chiesa di Samt'Agostino intitolata al vescovo di Ippona si sostituì al Duomo, chiuso per restauri, per assicurare  le funzioni parrocchiali  divenendo una delle chiese più frequentate dai fedeli. Successivamente è stata trasformata in Auditorium per l'allestimento di mostre, convegni ed eventi di una certa rilevanza sociale e culturale.



















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