BELLE STORIE APRUTINE Quando Vincenzo Pilotti, architetto con piglio d'artista, progettò il nuovo Convitto Liceo-Ginnasio di Piazza Dante

 In questo numero di AltreNote pubblichiamo un'interessante e inedito racconto a firma di Marisa Profeta de Giorgio, studiosa teramana delle vicende che accompagnarono, nella prima metà del'900, la realizzazione di uno dei palazzi più maestosi della città capoluogo. Un fiore all'occhiello dal punto di vista architettonico che domina sull'ampia Piazza Dante, tornata oggi agli onori delle cronache cittadine sulla sua definitiva e più opportuna sistemazione dal punto di vista estetico e, soprattutto, funzionale all'arredo urbano. Buona lettura    Ma.Ma

Progettualità e prassi architettonica

In un fausto giorno di settembre, il 23 del 1934, anno XII dell'era fascista, con l'intervento di Francesco Ercole, Ministro dell'educazione nazionale e con grande concorso di popolo e vasta eco su tutte le riviste del tempo, viene inaugurata la nuova sede per il Liceo Convitto "Melchiorre Delfico", in Piazza Dante. L'evento coincide con l'apertura del secondo Congresso Medico Abruzzese, che raccoglie i nomi dei più  illustri luminari -Antonio Gasbarrini, A. Cerminati, A Tattoni- ed i festeggiamenti vengono organizzati con grande profusione di iniziative: discorsi d'obbligo con cui orgogliosamente si rivendicano "grandi sacrifici compiuti dall'Amministrazione Provinciale per accogliere la gioventù aprutina in un palazzo pieno di luce e di  sole, dove, affidata a valorosi professori ed ad un'ottima Direzione del Convitto, potrà avere una completa educazione fisica, intellettuale, morale, religiosa da formare le basi fondamentali della nuova Italia"(1), l'omaggio al Ministro di un'artistica anfora di Castelli e di una copia dell'Annuario, finemente rilegato, la rassegna militare (2), un ricevimento offerto nel giardino della Provincia. L'esibizione della Banda di Forcella, un concerto al Teatro Comunale del soprano Maria Caniglia di Rivisondoli e dei chiarissimi professori del Liceo Musicale "G. Braga", il violinista Vittorio Emanuele e il pianista Elio Liccardi chiudono la memorabile giornata (3). Si conclude con questo atto celebrativo l'annosa realizzazione dell'edificio, iniziata allorché il Consiglio Provinciale, nella tornata del 20 settembre 1908, abbandonata l'idea di ampliare la sede dell'ex convento di San Matteo, divenuto ormai insufficiente e fatiscente, abbattendo la chiesa di San Matteo.

Tra le voci autorevoli sostenitrici della conservazione di quest'ultima, si leva quella di Francesco Savini, che, in un fiero discorso letto in Consiglio Provinciale, definisce la piccola chiesa di Corso San Giorgio  "sebbene barocca, una delle più  belle della città"" (4). Viene scelta la zona dell'ex Piazza della Misericordia, dal 1905 intitolata a Vincenzo Comi. Tra il 1910 e il 1914 vengono espropriati ed abbattute le Casette che occupavano il lato meridionale della piazza (5). Il cambio di intitolazione a Dante Alighieri avviene probabilmente nel settembre 1921 per iniziativa dell'Amministrazione Sagaria, l'ultima amministrazione comunale prefascista destinata ad ospitare il nuovo palazzo del Liceo. La Deputazuone provinciale si era attivata già dall'agosto1907 per avere dei riscontri progettuali e norme per bandire un concorso; aveva inviato a Roma l'ingegnere Gaetano Grugnola con l'incarico di esaminare i progetti per una nuova sede del Convitto nazionale della capitale e di ritirate l'avviso del concorso; l'esito della trasferta capitolina di Gaetano Grugnola si risolve in un nulla di fatto: progetti e bando non sono disponibili al pubblico. Viene però riferito il progetto della struttura del Convitto di Palermo, sotto ogni punto di vista il migliore d'Italia (7). Il problema di un eventuale concorso viene superato dalla presentazione di un progetto da parte dell'architetto Vincenzo Pilotti, nell'agosto del 1912, successivamente approvato dal Ministero della Pubblica Istruzione  (8).
 
Vincenzo Pilotti (1872-1956) è nativo di Marino del Tronto, frazione di Ascoli Piceno, le sue origini tuttavia sono abruzzesi: tanto il padre Carlo quanto la madre Antonia Montani provengono da famiglie teramane. Studia all'Istituto di Belle Arti di Roma; tra gli insegnanti c'è Luigi Russo, già professore di Giuseppe Sacconi, si iscrive poi all'Accademia di Belle Arti di Firenze, trovando tra i suoi docenti Vincenzo Micheli e tra i suoi compagni Gino Coppede'. Nel 1897 diventa architetto, vince a trentaquattro anni il concorso per professore strordinario presso l'Università  di Cagliari (1900-1907), l'anno seguente è chiamato ad insegnare Architettura tecnica e generale all'Università di Pisa (9). Pilotti ha tutte le carte in regola per assumersi la responsabilità di un incarico sicuramente ambizioso ed impegnativo. Tra l'altro, proprio in Teramo nel 1908, aveva realizzato in Corso Porta Reale un Palazzo per Muzio Muzii, oggi Castelli, nel '14 aveva sistemato il Palazzo Pasquale Cerulli. D'ora in poi sarà un crescendo di commissioni che lo vedranno impegnato: a Santa Reparata per lo stabilimento delle acque diuretiche (1925), per il Palazzo Post-telegrafonico dello stesso anno, per cui prevede anche le decorazioni in stucco, pittura, marmoridea, il Monumento all'astronomo Vincenzo Cerulli a Collurania; tutte insieme costituiranno credenziali che gli confermeranno fiducia nella sua professionalità e che gli procureranno il progetto della "Nuova casa littoria" e del "Reale istituto tecnico e convitto", rispettivamente del 1932 e 1941-45. 
 
Vincenzo Pilotti dunque è assai noto in città. Ciononostante l'ambiente aprutino ferve di polemiche perché sarebbe stata auspicabile la scelta di professionisti locali (10). Le proteste cadono nel vuoto. Lo scoppio della guerra ritarda i finanziamenti e l'inizio dei lavori. La concessione del 1919 da parte del Ministero della Pubblica istruzione di un sussidio di lire 800.000 permette l'inizio dei lavori che procedono per lotti relativamente all'elargizione dei fondi da parte del Ministero e della Cassa Deposito e Prestito (11). Del progetto definitivo del 1914 Pilotti presenta ampia e dettagliata relazione (12). In esso, pur mantenendo i criteri fondamentali del progetto di massima, introduce alcune modifiche. Per ciascuno istituto il numero delle aule viene elevato da sette a nove, prevedendo un incremento nel futuro degli allievi. Inoltre vengono ricavati nell'economia dell'insieme locali per gli insegnamenti accessori, come la musica, la scherma, per una pubblica biblioteca, per riunioni solenni, per premiazioni, feste....
Con certosina precisione, Pilotti studia l'ubicazione e le dimensioni del fabbricato, le canalizzazioni, l'impianto sanitario, i materiali da costruzione, finanche i tipi di pavimentazione a seconda della funzione e dell'importanza degli ambienti, il sistema di copertura del tetto. La realizzazione viene affidata all'impresa costruttrice "L"Avvenire" di Amedeo Lisciani, garante di solidità economica, serietà e fedeltà al "fare" architettonico (13). Dopo indugi e riprese, dopo altre riproposizioni di progetti, l'approvazione del Ministero della Pubblica istruzione nel 1919, con minimi ritocchi fino al 1929,  


nel 1934 avviene la consegna alla Pubblica Amministrazione, ai duecento allievi già iscritti, ai cittadini interamniti tutti, di un edificio maestoso, funzionale, solido come pochi altri in Italia, che resiste tuttora, sebbene necessiti di vistosi interventi di restauro, agli insulti del tempo. È vastissimo, occupa una superficie di 8293 mq., di cui 3550 di coperti. Pur essendo costituito di un solo corpo di fabbrica, comprende in realtà  tre parti principali, distinti in Reale Liceo - Ginnasio, il Convitto nazionale, la biblioteca, nonché l'Aula Magna
 
Due grandi cortili interni simmetrici provvedono a dare aria e luce alla parte interna del palazzo. Presenta nel suo complesso cinque livelli di piani, di cui, a causa del dislivello del terreno, il primo seminterrato per le parti a sud e a nord verso Piazza Dante. Il primo piano  è destinato a una palestra, alla sala di ricreazioni, ai bagni, lavanderia, parte della biblioteca. Il secondo ospita l'infermeria, cucina, scuole elementari per i convittori, locali di deposito e servitù, laboratorio di fisica, chimica e storia naturale, refettorio. Il terzo piano è adibito ai locali scolastici per il liceo- ginnasio, mentre nel quarto piano sono ospitati i locali del Convitto, con sei grandi dormitori, sale da studio, uffici, cappella, sale d'aspetto e l'Aula Magna con annessa galleria. Verso Piazza Dante insistono gli alloggi del rettore, del vice rettore e dell'economo.  
La costruzione ha richiesto l'impiego di sette milioni di mattoni, quindicimila quintali di ferro, centoventi tonnellate di profilati di ferro, duecentocinquanta tonnellate di ferro per lavori di cemento armato, mille metri quadri di mattonelle per pavimenti ed infine novantamila giornate lavorative per gli operai (14). 
 L'involucro edilizio, ad un primo approccio visivo, presenta la caratteristica di una spazialità statica, un conformismo generalizzato. Nel corposo parallelepipedo, scandito da cornici marcapiano, la grammatica è data dalle proporzioni, dal ritmo, dalla simmetria; vi prevale la linea orizzontale che, parallela alla terra su cui l'uomo cammina, comunica il senso dell'immanente e del razionale. 
È lo stesso "artifex" a chiarire che "in ordine allo stile, il carattere fondamentale è quello del nostro più fiorito Rinascimento” (15). 
La cifra stilistica di Pilotti è da ricercare nel "Manierismo” e va ricondotta a quella tendenza di pensiero, che coinvolge l'architettura tra XIX e XX sec. e che va sotto il nome di “Eclettismo". 

Come sopra si è ricordato, Pilotti incontra a Roma Giuseppe Sacconi, autore del progetto del “Monumento a Vittorio Emanuele II” (del 1890), una delle opere più discusse della storiografia artistica. Una sommatoria di dissonanti spunti grammaticali di marchio eclettico, un oggetto artificiosamente libero, magniloquente, chiuso a qualsiasi preoccupazione sintattica con il contesio urbano. A Firenze è compagno di studi di Gino Coppedé che, insieme ai fratelli Carlo e Adolfo, dà vita allo "stile Coppedé”, costituito da uno sfrenato repertorio tipologico, che resuscita, in forme un po' visionarie modi legati agli stili del passato, soprattutto al “Manierismo”, ma anche al "Barocco". In Roma sono suoi i Palazzi che, fra Via Po e Piazza Quadrata, costituivano un vasto quartiere scenografico, e i palazzi di Piazza Barberini, all'inizio di Via Veneto (16). Ma il Nostro architetto, già all'inizio delle realizzazioni dei primi progetti, prende le distanze dalle tendenze a contaminare stili e richiami storicistici delle correnti architettoniche del passato in un'asettica quanto arida riproposizione.
Il riferimento al passato è solo una traccia per il proprio ideare, tendente ad una personale ricerca al fine di una distinguibile cifra espressiva. Lo dimostra il suo sguardo vigile sugli orientamenti vecchi e nuovi e la sintesi che applica ai suoi progetti tra le varie possibilità formali, mediando sapientemente tanto fra le proprie esigenze artistiche quanto quelle pratiche altrui, con esiti, a cose fatte, munite di una riscontrabile ragione estetica. 
Il nuovo Liceo - Ginnasio Convitto, in realtà, rivela infatti i segni di superamento della scatola architettonica tradizionale, perché qui Pilotti aggrega a una sintassi fondamentalmente sincretica soluzioni suggestive di effetti "pittorici", che sottraggono la potenziale inerzia agli elementi di base. 
La fronte principale è costituita da un avancorpo centrale ed è limitata da una doppia pilastrata. Nel mezzo un portico a tre arcate costituisce un pronao, che funziona da ingresso di rappresentanza, le grandiose arcate dei piani superiori con un solo motivo ricollegano le finestre del primo piano con quelle dell'ammezzato o secondo piano. L'avancorpo è fiancheggiato da due tratti di facciate per ciascun lato, della stessa altezza in cui ricorrono le linee fondamentali, pur variando la forma delle finestre; all'estremità viene ripetuto il motivo delle pilastrate. Infine due ali più basse ma sempre fronte armoniche, completano la fronte e si collegano alle facciate laterali per una rientranza di circa 20 metri. 
 
Le facciate laterali e quella verso mezzogiorno si presentano sobrie ed adatte al carattere di un fabbricato destinato alla pubblica educazione. La ricchezza della fronte, specie nella parte centrale, ha come una continuazione oltre che nel pronao o atrio, nel vestibolo, nelle corsie e nello scalone principale e raggiunge l'apogeo nell'Aula Magna, che costituisce come il centro principale ed il punto più eletto di tutta la costruzione. Dunque nella facciata prospiciente la piazza, il parallelepipedo con lieve e graduale scalatura dei piani in profondità si raccorda all'ampia apertura centrale, dialoga intimamente con lo spazio dell'esistenza. Nè è da sottovalutare la funzione delle finestre, variamente concepite ma tutte accumunate dal leitmotiv dei due ordini di politissime colonnine, tenute insieme da un elemento architettonico, che per le une funge come da abaco e per le altre, superiori, come da plinto. Costituiscono unitamente punti focali di luminosità, di rifrazione della luce, che è elemenlo privilegiato dello spazio naturale.
Anche le superfici esterne, realizzate nei piani più bassi con la successione dei blocchi di bugnato rustico, poi liscio ed infine levigato, si decantano progressivamente del peso fino al distendersi di pareti "a "stucco alla romana" a perfetta imitazione della pietra da taglio, che ospitano un vasto repertorio di soluzioni: finestre e balconi, con timpanetti "spezzati", volute, stemmi dello Stato, ovoli, fuseruole, fogliami, fasci littori, atti a catturare la luce ed anche a sortire eleganti effetti decorativi (17). La tendenza al decorativismo che in altri progetti (Palazzo Muzii, Monumento all'astronomo Vincenzo Cerulli) si dispiega grandiosamente, qui appare come mortificata da molteplici fattori. In primis i richiami del Ministero dell'Istruzione  e della Pubblica Amministrazione a contenere i costi, ora riducendo il numero delle scalinate interne, ora rimpicciolendo le aule, ora eliminando tutto ciò che è superfluo (18). Il vincolo economico nella creazione edilizia rimanda al problema dei contenuti. Schizzi, progetti, concorsi risolvono senza dubbio l'esigenza di stabilire un programına distribulivo ed economico, non di verificare il valore espressivo. 
Si configura l'eterno problema della libertà dell'architetto o della soggezione alle esigenze dei clienti e della società. All'architetto non basta capire il mondo per rappresentarlo, deve impegnarsi nell'economia, deve ipotecare la sua azione creativa alla comprensione del committente e all'onestà dei costruttori. La creazione architettonica è come un'operazione a triangolo: architetto, cliente, costruttore; se manca un lato, l'architellura scade nell'edilizia. Inoltre non vi è attività artistica in cui le fasi di ideazione e di realizzazione siano disgiunte come in architettura. 
Un'opera d'arte, invece, esiste solo quando è espressa e la si esprime facendola, vivendone il processo, che va dalla schematica prefigurazione fino alla più piccola rifinitura  (19). Nella fabbrica ideata da Pilotti, insegnante e risiedente a Pisa, si susseguono nel tempo, come direttori di lavori, Enrico ingegnere Cesari, l'architetto Pio Ferrelli, pisano, Sigismondo Montani (20). Malgrado I rilievi più esatti, difficilmente un monumento costruito ha dato luogo ad una copia di uguale valore; anche in architettura il trapasso dall'intuizione all'espressione non ammette cesure e l'immagine poetica è irripetibile. 
La vena creativa di Pilotti è più fedelmente rintracciabile nel progetto sottoposto al Provveditorato alle opere pubbliche per gli Abruzzi e Molise nell'adunanza del 25 maggio 1930 VIII (21). Nella sezione longitudinale le colonnine corinzie, le brevi trabeazioni leggere come trafori merlettati, le numerose ed ampie vetrate si concludono nella parte terminale con un trionfo di rilievi, accampati negli archi a tutto sesto. Siamo di fronte ad uno stile ornamentale, che risolve una delle questioni più ricorrenti nell'arte: considerare le diverse arti-architettura, scultura, pittura, ornamentazione- come rami di un medesimo albero. L'arte è "una", diverse sono solo le sue molteplici tecniche espressive. La forte connotazione decorativa indica che l'architetto, bandita la freddezza arcaica, la banalità chiassosa, suggerisce una nuova forma di "eclettismo" con chiare tangenze con il "Floreale" italiano (22). 
È significativa, a questo proposito, la collaborazione tra Pilotti e Adolfo De Carolis ( Montefiore dell'Aso 1874 - Roma 1928). I due lavorano a fianco nella Cappella funeraria di Giacomo Puccini di Torre del Lago e nell'Aula Magna dell'Università "La Sapienza' di Pisa. De Carolis realizza anche gli affreschi della sede del Palazzo del Podestà di Bologna, ma ne' il "nostro" architetto ne' il suo sodale- pittore avevano aderito programmaticamente  all'imperante stile "Liberty", mantengono uno stile personale, più legato ad una tradizione italiana dalle radici più autentiche e consolidate nella tradizione delle fonti classiche (23). Appare quindi non casuale l'ornamentazione con affreschi dell'Aula Magna del Convitto  - Liceo - Ginnasio. Lo stesso Pilotti si misura nel disegno, mettendo in campo un progettino a matita, con interventi di colore, che prevede dodici pannelli, di cui dieci al di sopra delle finestre superiori e raffiguranti la Pianura, la Montagna, il Mare, stemma del Comune di Teramo e della Provincia. Gli altri due pannelli, situati al di sopra delle nicchie nella parte di fondo, raffigurano l'Arte e la Scienza. L'intera decorazione è completata con dorature costituite da foglie d'oro da 18 k (24). Per l'esecuzione pittorica vengono interpellati il professor De Santis di Spoltore e il pittore aprutino Alfredo Pierantoni, ma alla fine si aggiudicano l'ingaggio Diego Pertinelli e Dante De Carolis, piceni, su sollecitazione dell'architetto  sia per la derivazione della stessa area geografica e sia perché essi avevano una certa autorità per aver eseguito la decorazione del Salone del Podestà in Bologna e di alcune sale del "Vittoriale" di Gabriele D'Annunzio (25).

Di Dante De Carolis, coetaneo di Adolfo, non conosciamo i vincoli parentali, ma la sua presenza con Pettinelli a Bologna sottintende un sodalizio artistico con il più noto affrescatore. Gli affreschi sono scomparsi forse divorati dall'umidità delle pareti dovuta a infiltrazioni dal tetto più volte rimaneggiato (26).  Per la tinteggiatura delle pareti esterne su suggerimento dell'architetto, viene scelta la ditta Cordoni di Roma, a cui si deve anche la fattura degli stemmi di Stato. La scritta "Convitto Nazionale” è prevista realizzata con foglietti d'oro 18 k (27). È probabile che sia di ideazione pilottiana la scelta di una statua rappresentante la dea Minerva da collocare nella nicchia superiore della parete di fondo dell'Aula Magna, commissionata alla ditta "Fratelli Marsili”, Formatori, di Roma. Per ragioni estetiche viene alloggiata su due basi di travertino lucido lavorate dalla ditta Cav. Giuseppe Matricardi di Ascoli (28). Oggi non più in sede. È invece incerta la paternità della collocazione di due statue in finta pietra e di grandezza uguale al vero, rappresentanti: “La donna con il libro" e "L'uomo con il moschetto", nell'atrio di ingresso sulla fronte principale a Nord, di mano di Vincenzo Torre di Roma (29). Esse sono ancora nella sede occupata nel 1934. Sono previsti anche due busti in bronzo patinato, raffiguranti il Re e il Duce, commissionati allo scultore Giuseppe Ciocchetti di Roma (30).

Concludendo: da una ricognizione dei disegni e delle opere realizzate da questo autore, emerge l'impressione di non essere di fronte ad un "ecleltico che non conosce né stelle né bussola" e che “vorrebbe veleggiare contemporaneamente con i quattro venti” come gli artisti che Baudelaire avversa in occasione del “Salon” del 1846, bensì ad un professionista attento ed aggiornato, fedele ad un proprio credo e a una propria connotazione artistica. Marisa Profeta de Giorgio

NOTE & CURIOSITA'

Bozzetto in gesso dello scultore pisano Vincenzo Parlanti esposto in comune nel 1919; in Dante e dintorni (1703-1960) di Fausto Eugeni. Composto per l'Annuario del liceo ginnasio "Melchiorre Delfico" Teramo 1993-943. A fianco del plastico, posto oggi in bella vista nella stanza del Preside, si legge che il modellino fu ritrovato negli scantinati del Convitto dal collaboratore scolastico Antonio Neri. Riproduce l'edificio progettato dall'architetto Vincenzo Pilotti tra il 1912 e il 1915, la cui costruzione con i successivi ampliamenti si protrasse fino agli anni '30. Definito "Palazzo della cultura della città" è maestosa sede del Convitto Nazionale e del Liceo Ginnasio M. Delfico dal 1934. Il restauro, curato dalla Dottoressa Valentina Muzii, è stato realizzato grazie al contributo della Banca di Teramo

L'ambiente aprutino ha il privilegio di testimoniare l'attività di Pilotti, che senza dubbio detiene un tassello dell'architettura novecentesca ilaliana e che forse è stato trascurato per la “marginalità provinciale” delle sue creazioni.

Come scrive Maria Luisa Neri, "Pilotti incarna la figura dell'archilello/artista, del creatore e inventore, dell'ideatore di nuove immagini” però “è anche un progettista dalla profonda conoscenza del “fare” del mesliere, della costruzione "a regola d'arte".

"Corriere abruzzese”, anno XXXIX n° 890 pag. 1 in BPMD. In una lettera al direttore Tommaso Stoppa, l'architetto Galiffa di Teramo protesta per il fatto che non sia stato espletato un concorso per la scelta del progetto dell'edificio, tenendo conto che nella provincia di Teramo operano numerosi e validi architetti e che, se la scelta cadesse su uno di loro, ci sarebbe sicuramente un notevole risparmio di denaro pubblico. 

grafica e immagini a cura di Marcello Maranella


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