L'ABRUZZO dei castelli e delle grandi praterie. Il fascino discreto delle Terre della Baronia

 

 di Marcello Maranella

Era da tanto che pensavo di mettermi in viaggio verso le terre della Baronia, nel versante aquilano del Gran Sasso. Non è, ovviamente, un percorso che si esaurisce nel giro di un paio d'ore ignorando   quanta diversità naturale e altrettanta ricchezza culturale e antropologica sono conservate in quei territori.
Così, l'altra mattina, sono salito in macchina con il bel tempo che ancora ci regala questo scorcio di fine agosto senza pensarci su due volte. Niente Strada dei Parchi che conduce al traforo, ma ritmi rallentati lungo le strade provinciali che da Teramo arrivano a Castelli e proseguono nei fitti boschi che scoprono a tratti le cime
assolate del Camicia e del Prena.


Suggestioni e timori si mescolano di continuo nella mente all'altezza del passo del Gravone fino al bivio di Rigopiano dove il cartello stradale indica a destra la direzione per l'Aquila. Se non fosse per la segnaletica chi si accogerebbe di essere entrato nell'altra parte del Gran Sasso? In realtà non si fa altro che procedere sotto un lungo tunnel di strade boscate con i raggi del sole che filtrano fra i rami degli alberi e s'infrangono sul parabrezza come tanti piccoli flash

Una sorta di ticchettio gioioso che pian piano rallenta il ritmo e il cielo si apre sopra l'immenso, fantastico, unico altopiano di Campo Imperatore. 

Il primo gesto è quello di scendere dall'abitacolo e lasciarsi avvolgere dalla forza espressiva della natura modellata dalle alluvioni, dalla neve e dai ghiacciai che hanno ispirato scenografie cinematografiche note in tutto il mondo.


Non faccio altro che fotografare con l'illusione di cogliere attraverso  l'obiettivo le magiche cromie di quel grande mare d'erba lungo oltre quindici chilometri. Un regno di biodiversità e di pascolo secolare sotto le vette più orientali del Gran Sasso. Un paesaggio incantevole ma pur sempre diverso dal lussureggiante territorio teramano. Una peculiarità ambientale, quella delle grandi praterie di alta quota, che racconta di transumanza e di ricchezze derivanti dagli allevamenti e dalla lavorazione della lana. Ma anche di mercanti toscani attratti dalla fiorente pastorizia locale che nel medioevo acquisirono terre e feudi intorno all'altopiano.
Castel del Monte viene definita "la capitale dei pastori". Non a caso agli inizi di agosto qui, a Fonte Vetica dove transito verso mezzogiorno, il Comune patrocina da decenni la "Fiera della pastorizia". Una grande vetrina di greggi e di umana fatica da sempre sostenuta dall'ente camerale aquilano, recentemente accorpato con quello di Teramo per generare la Camera di Commercio del Gran Sasso d'Italia. I tempi cambiano e la ricostruzione preme più che mai nelle aree interne e montane! Anche per ripristinare primati di alta qualità dell'industria casearia che a Castel del Monte, uno dei borghi più belli d'Italia situato nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, la lavorazione del formaggio Canestrato costituisce un forte elemento identitario dell'Abruzzo. 

Un presidio SlowFood inconfondibile per l'intreccio profondo dell'uomo con l'ambiente, impresso nei percorsi delle greggi che per arrivare e lasciare l'altopiano confluivano nel tratturo da L'Aquila a Foggia, uno dei tre itinerari che univano l'Abruzzo al Tavoliere. Quando si va in canoa sul Tirino i ragazzi della cooperativa "il Bosso" incantano i turisti raccontando aneddoti e leggende legate alle soste dei pastori sulle sponde di quel limpido fiume per abbeverare e ripulire le greggi prima di proseguire per il lungo cammino verso la Puglia.

Giulio Petronio è un castellano doc, esponente di quella razza di allevatori che ha saputo onorare e diffondere oltre i confini regionali
la bontà del canestrato di Castel del Monte. Passo a trovarlo nella sua azienda sotto l'abitato del paese.
Ma lui è a L'Aquila per impegni di lavoro, dicono i suoi collaboratori. Ci sentiamo per telefono dandoci  appuntamento a metà settembre per una chiacchierata a tutto campo sulle prospettive di questo operoso territorio.
E' primo pomeriggio con il sole che picchia in testa quando intravedo i ruderi della Rocca di Calascio assediata alla base da auto e moto che cercano invano un parcheggio lungo la strada che porta al castello più fotografato d'Italia. "Sembra di stare in fila alla reggia di Caserta" borbotta una turista indecisa se proseguire a piedi o rinunciare alla visita in mancanza delle navette che in passato assicuravano gratuitamente il servizio di trasporto. Sorrido e, zaino in spalla, mi avvio sul pendio confortato da una leggera brezza che aumenta di intensità durante la salita.

 E più si sale più nette appaiono sulla sinistra le geometriche composizioni dei campi agricoli aperti che caratterizzano il circondario sottostante l'abitato di Castelvecchio Calvisio. Una bellezza paesaggistica tra le più attraenti e suggestive di tutta la catena appenninica. Al tramonto il castello è ancora pieno di gente. Chi scende e chi sale con l'immancabile telefonino in azione, ma anche con le mascherine indossate nel rispetto reciproco della sicurezza, nonostante l'assenza di controlli.
Ultima tappa prima che faccia notte: Santo Stefano di Sessanio.

Anche nel borgo mediceo i numeri  delle presenze prima, durante e dopo ferragosto parlano chiaro. Dai bottegai ai ristoratori alle guide la risposta è nel loro sorriso cordiale di accoglienza. "Una ripresa crescente che fa ben sperare per il futuro", dice Pino davanti al negozio che s'affaccia sulla piazzetta principale del centro storico. Dicono che sia l'effetto propulsivo del sistema dell'albergo diffuso dentro quel dedalo di vicoli d'altri tempi che sta dando i frutti sperati dopo anni di sperimentazioni e di complessiva tenuta nel periodo buio del covid. Ma anche la Torre medicea, ricostruita dopo il crollo a causa del terremoto del 2009, è un attrattore formidabile. "Certamente" conferma Anna del Centro informativo del Parco. "I turisti chiedono insistentemente notizie sulla sua riapertura al pubblico" e subito aggiunge: "Il prossimo 11 settembre dovrebbe essere il giorno dell'inaugurazione della torre. Sarà il pienone!" 

Ancora oggi, a distanza di più di cinque secoli, è lo stemma della Firenze dei Medici che polarizza attenzione e culture attirando turisti e studiosi da ogni parte del mondo. Anche la mostra fotografica itinerante fra Calascio, Castel del Monte e Santo Stefano di Sessanio ha destato grande interesse. Si tratta di un progetto fotografico intitolato "Lo sguardo delle viaggiatrici sull'Italia di mezzo" che nasce per intessere un dialogo fra paesaggi e comunità dell'Abruzzo contemporaneo e i racconti di viaggio di tre intellettuali inglesi che attraversano il Novecento abruzzese: Amy Atkinson, Estella Canziani e Anne MacDonell. Presentata in estate come mostra diffusa sul territorio della cosiddetta Baronia di Carapelle, l'esposizione delle fotografie di Sergio Camplone, Claudio Cerasoli, Alessandra Condello, Antonio Di Cecco, Isabella Nardis e Giovanni Paolone verà riunita nei locali del Rettorato dell'Università dell'Aquila a partire da Settembre.

Sono circa le venti quando varco il casello di Assergi per tornare a Teramo. Spero di aver trasmesso qualche curiosità sufficiente per intraprendere un sorprendente viaggio in una parte dell'Abruzzo che non finisce mai di regalarci intense emozioni.

Servizio fotografico di Marcello Maranella -copyright- 










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