I "tesori nascosti" di Atri Città d'Arte millenaria





Atri, microcosmo d'Italia, incantevole e superba come una regina delle colline sopra i lidi sabbiosi di Silvi e Pineto. Mi fermo lungo la strada provinciale dove la vista spazia dal Gran Sasso all'Adriatico e si percepisce il senso vivo del nostro passato. Il ritorno al vecchio borgo natio è senza programma. Spesso è come un riflesso condizionato. Sollecitato da un racconto, da buone letture, da un evento particolare ma anche da una semplice notizia di cronaca quotidiana. Il  vescovo della diocesi di Teramo e Atri, Monsignor Michele Seccia, ha appena convocato la stampa per comunicare che a causa del terremoto, circa duecento chiese sono inagibili al culto religioso. Peccato. Si, un vero peccato dover  interdire, sia pure temporaneamente non solo dal punto di vista della fede,  la visione di opere d'arte di gran pregio all'interno della Cattedrale di Atri. Sto parlando infatti di un insigne complesso monumentale e di altri "tesori nascosti" di notevole fascino archeologico e turistico. Del resto Atri è avvezza all'attenzione e alla cura appassionata di studiosi che confrontano le ricerche e interpretano i resti sorprendenti di civiltà passate in una mescolanza di stili architettonici pressoché coerenti fra loro. Immaginate un cantiere sempre aperto agli urbanisti e agli artisti contemporanei.  Una sorta di città sotto la città dormiente che all'improvviso si anima e racconta le gesta di quanti la resero importante ancor prima della nascita dell'impero romano. Se è vero che l'antica Hatria diede il nome al mare Adriatico e dalla quale proveniva la famiglia dell'Imperatore Adriano. Memorie che riaffiorano mentre guardo da un lato i mosaici delle terme romane riportate alla luce nella Piazza del Duomo e dall'altro fisso gli stupendi portali del Duomo in stile gotico realizzati intorno al 1300, il primo da Rainaldo di Atri e i due laterali da Raimondo del Poggio. Tutti e tre chiusi al pubblico per motivi di restauro interno. Eppure se con un pò di accortezza, come ai bei tempi dell'adolescenza, entrassi dalla parte del Museo Capitolare fino a raggiungere il ventre della Cattedrale potrei trasmettervi l'intenso piacere della conoscenza che cresce fra paramenti sacri e sculture in legno e avorio come una Madonna col Bambino attribuita a Luca della Robbia. E poi ammirare codici miniati e gli incunaboli di Gutemberg e dei veneti, i decori dell'antica ceramica castellana della collezione Bindi insieme agli argenti e  all'oreficeria sacra e, infine, sostare con leggero stordimento sotto i luminosi dipinti quattrocenteschi che Andrea De Litio compose nell'ultima campata della navata centrale in una mirabile narrazione pittorica. Splende il sole oggi ad Atri. Torna il piacere di concedersi qualche ora di spensierata evasione nel dedalo di viuzze comunicanti dove la luce del giorno riesce a penetrarvi a tratti, insinuandosi fra porticati e piazzette su cui si affacciano balconcini in ferro battuto ricolmi di vasi e fioriture di stagione. Arrivo nell'altra piazza in cima al corso Elio Adriano. Più di tre secoli di potere racchiusi nell'austero Palazzo Ducale edificato alla fine del trecento nella parte alta della città. Atri e gli Acquaviva. Una storia importante di uomini d'armi e di letterati, di missionari e di santi, di ambasciatori e governatori tra cui mi piace ricordare Andrea Matteo III, raffinato mecenate e anticipatore degli sviluppi della stampa.Stupendi codici miniati a lui dedicati si possono ammirare nella Hofbibliotehek di Vienna. Via Aurelio Grue è in pieno centro storico. Fu intitolata ad un poliedrico ceramista  emigrato da Castelli e degnamente accolto dagli Acquaviva che ne favorirono l'ispirazione artistica. Recentemente è stato pubblicato a firma dello storico dell'arte, il teramano Fernando Filipponi, un interessante volume, appunto su Aurelio Anselmo Grue, figlio prediletto della operosa cucciolata del grande maestro Francesco che inaugura un nuovo filone nella decorazione maiolica e segna il passaggio dal barocco al rococò. Autorevoli studiosi che hanno sostenuto e agevolato la ricerca affermano che il lavoro ha il preciso intento di restituire un'identità ad un artista ancora poco considerato dagli studiosi locali e dagli specialisti del settore. Credo si tratti di un evento eccezionale di notevole attrazione per chi è preposto alla promozione turistica, dall'ente locale alle associazioni culturali della rinomata Città d'Arte, così come ostenta la segnaletica stradale in avvicinamento all'antico ducato acquaviviano che mi accingo a lasciare a malincuore. Come detto in premessa le storie, intriganti e affascinanti, continuano. Arrivederci alla prossima puntata.

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