Majella e Gran Sasso: forza, suggestione, bellezza degli elementi naturali nei racconti dal vivo di Federico Quaranta e Giampiero Di Federico

 di Marcello Maranella

Credo che tantissimi abruzzesi abbiano seguito con la dovuta attenzione il viaggio in Abruzzo della troupe de "Il Provinciale": dalla costa dei Trabocchi alla cima della Majella, andato in onda recentemente su Rai 2. Anche dalle nostre parti, sotto le pendici del gigante dormiente, abbiamo avvertito il richiamo della montagna madre avvolta nella leggenda di Maja.  Particolarmente suggestiva dal punto di vista morfologico, caratterizzato da grotte e rifugi in cui nel corso dei secoli pastori e eremiti hanno scandito il tempo della solitudine e della meditazione. Vicende e leggende che accomunano la Maiella e il Gran Sasso dei tratturi e delle greggi transumanti. Un paradiso naturalistico di storia di eremitismo e santità altamente attrattivo, conosciuto nel mondo attraverso la vita e le opere di eminenti figure religiose come Pietro da Morrone, divenuto papa  Celestino V e San Franco di Assergi. Tanto per fare due esempi  che attraggono moltitudini di pellegrini e visitatori desiderosi di proseguire quel cammino della fede e della conoscenza antropologica dell'Abruzzo incontaminato e fascinoso, al centro della catena appenninica.

E così Federico Quaranta, ispirandosi al ceppo originario di dannunziana evocazione, ci ha guidato  alla scoperta della bellezza dei paesaggi fino al  Blockhaus completamente innevato. In lento movimento descrittivo ci ha fatto rivivere le magiche atmosfere dei borghi in cui manualità e creatività sfidano il tempo della modernità e della sostenibilità ambientale. Artigiani e cantastorie, artisti e poeti, pastori e apicoltori costituiscono l'essenza della vita nelle nostre montagne. Una umanità che produce sostentamento e alimenta sogni del buon vivere in una miscela di saperi e sapori gelosamente custoditi nell'animo abruzzese di cui il colto conduttore radiotelevisivo è stato efficace interprete. Sono queste le incursioni che fanno bene all'Abruzzo grazie alla professionalità e alla sensibilità degli ideatori del programma a cui indirizziamo stima e gratitudine dandoci appuntamento alla prossima puntata. 

Nel frattempo rilevo con piacere che la comunicazione ambientale dei nostri territori continua ad evidenziare quanto di meglio la natura possa esprimere. Specie in queste splendide giornate limpide ed assolate di fine gennaio che rallegrano la vista e attenuano l'ipertensione pandemica. Mi riferisco essenzialmente alla  notizia di qualche giorno fa, secondo cui  l'emittente abruzzese Rete 8 ha confermato nel suo palinsesto il nuovo ciclo di trasmissioni intitolato, appunto,  Montagne amiche. Proprio questa sera alle 20.15 sarà trasmessa la seconda puntata. Un format che ha registrato il gradimento non solo degli appassionati del settore anche per l'agile  conduzione di Giampiero di Federico, figura molto nota e apprezzata per le sue doti di alpinista, di abile guida alpina e formatore instancabile di giovani abruzzesi con la voglia di arrampicarsi, iniziando nel rocciodromo da lui progettato intitolato a Walter Bonatti. Mi è capitato di seguire diverse puntate su Rete 8 senza mai annoiarmi di chiacchiere abbondanti e di abusate immagini di repertorio. Ho invece apprezzato le riprese dal vivo di incantevoli panorami in perfetta sintonia con la narrazione di fatti e personaggi sollecitati dal conduttore. Mi pare di poter annoverare Giampiero Di Federico fra i pochi raccontatori di storie abruzzesi che trasmettono emozioni e stimolano curiosità in difesa di un bene comune come il capitale naturale di inestimabile valore che abbiamo la fortuna di vivere e praticare. 

Se decidete di seguirne le tracce su Rete 8 vi ritroverete al suo fianco mentre carponi si trascina dentro sottili sentieri rocciosi che svelano gli eremi della Majella scavati nelle sue viscere dalla mano dell'uomo. Oppure nel bel mezzo di un'escursione guidata nella verde riserva naturale della Valle dell'Orfento con la sensazione di incontrare lupi, cervi e, forse, la rarissima lontra. Ma anche di oltrepassare una faggeta e ritrovarsi sopra resti archeologici di antichi insediamenti. Poi il viaggio continua dalla traversata bassa della Maiella alle sorgenti del Pescara, ai pianori del versante teramano del Gran Sasso a parlar di lupi con i pastori e con gli "amici" del grande predatore: Anna Consalvo e Ciro Manente.

Sono curioso di vedere cosa ci riserva di ancor più interessante nella nuova serie di Montagne amiche Giampiero Di Federico. Con il suo incedere riflessivo accompagnerà il telespettatore verso nuove mete, spesso coadiuvato dai suoi allievi, senza mai tralasciare utili consigli su come vivere la montagna abruzzese in sicurezza.  Ho sempre apprezzato il suo stile asciutto, rigoroso, esssenziale anche nella scrittura. Negli anni novanta del'900 abbiamo condiviso percorsi lavorativi e giornalistici nell'alveo dell'immenso flusso sognante di "Abruzzo Regione Verde d'Europa". 

Sul primo numero di Sfere d'Abruzzo da me diretto i suoi reportage dal K2 o le operazioni "Gran Sasso Pulito", promosse da Mountain Wilderness, occupavano le pagine centrali della rivista insieme a contributi autorevoli di Claudio Valente, Roberto Mingardi e Franco Tassi, allora Direttore del Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise. Già nel 1986 Giampiero aveva dato alle stampe il libro "La cima nascosta", l' Hidden Peak come la chiamavano gli inglesi, riferita alla montagna asiatica alta 8.068 metri che lui aveva scalato in solitaria e in stile alpino aprendo una nuova via. Conservo ancora la copia che l'autore mi regalò con dedica affettuosa datata gennaio 1987.
Si tratta di un libro "molto prossimo alla forma del giallo",  annota nella sua prefazione Francesco Iengo. Vi si  raccontano le vicende drammatiche ed esaltanti della grande impresa di "Giampiero il Feroce" come riferisce  l'altro prefatore Stefano Ardito, ricordandone l'appellativo coniato nell'ambiente alpinistico. "Ma La cima nascosta", si legge in quarta di copertina, "non è solo il racconto di un eccezionale exploit sportivo; essa è anche il diario di un viaggio intorno al dubbio, il resoconto di una impossibile scalata parallela alla cima nascosta che è dentro di noi." Se lo trovate ancora in libreria lo leggerete tutto d'un fiato. Recentemente ha pubblicato "La vita è fredda"
.
Per concludere: va dato atto a Giampiero Di Federico di essere stato sempre coerente con i suoi valori di ambientalista d'azione, come qualcuno preferisce definirlo. Da questo punto di vista gli va riconosciuto il merito  di aver saputo coniugare nel tempo la grande passione per l'alpinismo con l'immagine del divulgatore,  muovendosi con destrezza nel mondo della comucazione e aprendosi sempre più al dialogo. Non sarà un caso se la sua fortunata serie televisiva inneggi all'amicizia, sia pure immateriale, con gli elementi naturali più rappresentativi della terra d'Abruzzo!

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