Undici anni fa uniti in piazza a L'Aquila, oggi separati l'uno dall'altro

Era così quella mattina del 6 aprile 2009 a L'Aquila quando arrivammo in Piazza Duomo.
I primi che ci prestarono ascolto furono i Vigili del fuoco e i volontari della Protezione Civile,
intenti ad accogliere gli scampati ai crolli che arrivavano stravolti alla spicciolata. Le notizie giungevano con il contagocce ma negli sguardi che incrociavamo si leggeva il dolore delle perdite incalcolabili e la voglia di abbracciarsi senza timore di ammalarsi. Con dignità e rispetto reciproco. Era una giornata di sole, proprio come oggi.  In questo anniversario funestato dal virus invisibile e diabolico che se pur non riesce a svilire i sentimenti comuni di solidarietà divide gli animi per paura di contagiarsi l'uno con l'altro. In mezzo premono problemi irrisolti della ricostruzione nei due versanti del Gran Sasso, rallentata  da una burocrazia disarmante e da decisioni politiche contraddittorie dopo la recrudescenza distruttrice del 2016 nei paesi dei Monti della Laga: ad Amatrice, a Campotosto, ad Accumoli e Arquata del Tronto. Quel poco di concreto che si è riusciti ad ottenere è il frutto dell'impegno di quegli amministratori locali dietro un affastellarsi di norme e decreti di difficile interpretazione. Nella desolante quarantena di incerta conclusione a livello mondiale siamo continuamente rincorsi da bollettini medici sulla cruda realtà dei malati e dei decessi che aumentano di giorno in girono. Il pensiero fisso di tutelare la nostra salute ci induce, senza avere a disposizione tutti gli strumenti di conoscenza reale, a restare vincolati al presente ignari di come potrebbe essere il futuro possibile dopo la pandemia. Quando tutto finirà, tutto ricomincerà. E' nella storia dell'umanità. Ma come si affronteranno i destini di intere comunità disarticolate e impoverite negli affetti, nel lavoro, nell'apprendimento, nella tutela della natura, nella salute e nella malattia, nella ricerca scientifica, nell'evoluzione della specie umana e nel dominio degli algoritmi? Non va sottaciuto che l'epidemia da coronavirus è arrivata dentro una società globalizzata in corsa sfrenata per produrre e consumare a dispetto dei sensori ambientali in continua sollecitazione. ..."Non esistono capitalismi che cambiano senza un pò di conflitti e senza rovesciare almeno concettualmente il termine capitalismo in capitale sociale e, come ci hanno insegnato da Sebregondi a Napoleoni, senza mettere in mezzo tra economia e politica la società". diceva giorni fa il sociologo Aldo Bonomi in una ragionata riflessione sulle pagine del Manifesto. Non ci resta che auspicare tempi migliori senza sottrarci ai nostri doveri ad ogni livello. Oggi è la giornata del ricordo per le vittime di quel tremendo terremoto che spezzò il futuro di molte giovani vite. Pur restando a casa come è giusto che sia, sono vicino ai tanti amici aquilani con cui ho condiviso esperienze indimenticabili di lavoro e di intensa amicizia. Insieme a loro dobbiamo essere grati a quanti in questi giorni difficili assicurano negli ospedali salute e sollievo con dedizione e professionalità. Omaggio anche ai colleghi giornalisti bravi come ai tempi del terremoto nel trattare le notizie. Che dire infine di questa leva di giovani sindaci e amministratori cui non manca certo il senso del dovere civico. Una sorta di vivaio in formazione per prepararsi alle sfide dell'avvenire. Mai come ora è opportuno augurarsi una Buona Pasqua di resurrezione!

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