GENTE DI TERAMO I Melarangelo fra arte e politica

di Marcello Maranella

Metti un incontro imprevisto. Metti che il piacere è reciproco. Metti che non succede spesso in questi tempi affannosi del nostro vivere contemporaneo. Metti che spegnamo i telefonini per parlare in santa pace, dal vivo. E' questo, più o meno, il senso dell'intervista che segue. Nata per caso in un afoso pomeriggio di settembre, in mezzo alla strada. Senza filtri, senza retorica sui convenevoli, senza domande preconfezionate. Alberto Melarangelo è dall'altra parte di via Carducci, davanti al tabaccaio che fa angolo con Piazza Dante dove ho appena parcheggiato. Quasi all'unisono alziamo il braccio a mo' di saluto e io insisto con il gesto della mano invitandolo a bere un caffè. E' l'inizio di una conversazione che si allunga piacevolmente senza farci rincorrere dal tempo. Siamo  all'aperto, seduti al bar di via Brigiotti a parlare di arte. Quella vera, intrisa di pittura e di idealità del nonno Giovanni, a cui l'amministrazione comunale di Teramo, attraverso l'assessorato alla cultura, dedica in questi giorni un'interessante retrospettiva che si concluderà il prossimo 14 novembre.  A circa due mesi dall'inaugurazione siamo ormai ai mille visitatori con commenti davvero lusinghieri sull'artista e i suoi percorsi. Diego Esposito ha firmato un dolce pensiero ...nella complessità della vita il maestro Giovanni Melarangelo ha saputo cogliere momenti di alta poesia..."Che effetto fa al nipote Alberto?". 

"Non si può che essere grati non solo ad artisti di grande spessore come Diego Esposito ma anche all'intera comunità teramana che con la loro attenzione danno vita ad una nuova stagione interpretativa della ceatività del nonno, divisa per l'occasione espositiva in tre grandi fasi. Una sequenza temporale in cui è stato in grado di modificare lo stile sempre, però, riuscendo ad essere di pari passo con le tendenze nazionali. A mio avviso forse è stato  l'unico in Abruzzo. Negli anni venti dipingeva come quelli del ritorno all'ordine come i romani, i Carena, i Trombadori restando però a Teramo alle prese con la tematica contadina. Negli anni cinquanta dipingeva come i tonalisti mantenendo la scelta figurativa e infatti ci sono i confronti con i Ciarrocchi e altri che non avevano abbandonato la figurazione. E pioi c'è la fase fra il 1958 /78 che il curatore Paolo Coen chiama il successo quando sviluppa la sua tematica del circo e quindi il mondo della danza. Un timbro post impressionista che gli diede un bel mercato con una fisionomia d'artista decisamente attraente per l'originalilà, diciamo meglio la singolarità espressiva". 

Questa mostra, ovviamente, non è esaustiva di tutta l'opera pittorica di Giovanni Melarangelo.....

"Assolutamente. Ci sono di ogni periodo, di ogni tema, alcuni esemplari. Quindi è un volo sull'artista, sul suo percorso dalle origini quando da autodidatta disegna nella bottega di Scarselli i vecchi con lo sguardo del diciottenne, poi il mondo contadino da cui proviene, poi i paesaggi di Teramo, le nature morte, i poveri, i profughi... questo tema eterno della malinconia e dell'emarginazione ma trattato in maniera molto poetica. Segue un bellissimo apparato documentario preservato dalla famiglia: le origini, i rapporti con altri artisti e con il mondo della politica nella città. In sostanza la mostra tira fuori le opere note e alcune inedite venute fuori dopo l'esposizione degli anni sessanta, riferite soprattutto a quelle in possesso di collezioni pubbliche e collezionisti privati teramani, sempre disponibili ma timorosi ad un tempo nel concedere alla pubblica fruizione le opere. E ciò denota un sentimento molto bello che va ben oltre l'apprezzamento artistico nei confronti del nonno."


Scindendo l'aspetto affettivo nonno/nipote da quello di insegnante di storia dell'arte qual'è oggi a tuo avviso il valore artistico di Giovanni Melarangelo? Che tipo di richiamo culturale esercita nei circuiti espositivi oltre i confini regionali?

"Rilevo intanto che la rassegna teramana contiene in sè, per espressa volontà dell'assessorato alla cultura, le premesse per esportatre e diffondere il patrimonio artistico aprutino nelle sue migliori espressioni. Lo è stato per Guido Montauti. Lo sarà per Giovanni Melarangelo grazie al catalogo che verrà editato da Silvana editoriale, prestigiosa casa editrice internazionale di settore, che aprirà una finestra internazionale e nazionale su questo autore perchè ci sono luoghi dove esistono tante opere non conosciute. Come ad esempio  nel rapporto di mercato che lui ebbe con l'attore Erminio Macario il quale nel'52 gli commissionò  un blocco di opere per la sua galleria di Santa Margherita Ligure. Negli anni sessanta invece un gallerista siciliano di nome Sciortino gli commissionò altro blocco di opere destinate ad una serie di mostre a Firenze e nel sud Italia."

Si apre dunque un palcoscenico nazionale?

"Indubbiamente, con una ribalta nella capitale ma toccherà anche Pescara dove mio nonno fu tra i fondatori del  Liceo Artistico, insegnandovi per molti anni fino al pensionamento, in cui evidentemente vanno recuperate le sue opere realizzate in sintonia con i linguaggi artistici di quella lunga e interessante stagione."

Una bella soddisfazione, mi pare di cogliere dalla tua espressione!

"Si, certamente come orgoglio di famiglia per la sensibilità dimostrata dai promotori della sua riscoperta. E' tuttavia un fatto  che la mostra di Teramo serve ad aggiornare la critica del pittore dopo la grande mostra antologica del'90 alla Pinacoteca civica del capoluogo curata dal professore e critico Mario De Micheli. Si trattò di una volontà ben precisa del compianto avvocato emerito Giuseppe Lettieri che aveva un fortissimo legame affettivo con Giovanni. Personalità fra i più rappresentativi della cultura aprutina del Novecento, fondatore della Società della musica e del teratro Primo Riccitelli, l'avvocato Lettieri si mise a capo di un comitato organizzatore  per la celebrazione di una serie di eventi significativi. Come quello di dedicargli una via  nel popoloso quartiere di Colleparco, nei pressi dell'Ateneo. Si potrebbe dire che l'attuale rassegna contribuisce, a distanza di trent'anni dalla precedente, a stimolare una più aggiornata riflessione critica dell'artista. Parlavo prima del catalogo in preparazione cui seguiranno recensioni mirate sulla stampa italiana, importanti appuntamenti culturali e momenti espositivi nel cuore della città capitolina. "

E' già stata individuata la struttura ospitante?

"Si sta ragionando con il comune di Roma. C'è un'iterlocuzione avviata dal curatore Paolo Coen, museologo formatosi alla scuola di specializzazione in Beni Archeologici de La Sapienza, attualmente è professore ordinario di storia dell'arte moderna all'Università degli Studi di Teramo. La scelta sarebbe Villa Torlonia con annesso archivio della scuola romana e spazi espositivi perfettamente coerenti con le caratteristiche dell'artista. Aggiungo che lo stesso curatore ha voluto mettere a confronto nella loro periodizzazione la pittura di Giovanni Melarangelo con artisti di quei tempi come Paequale Celommi, il maestro del nonno Vittorino Scarselli, con Basilio e Tommaso Cascella per finire con un'opera di Antonio Donghi, scuola romana. E poi con i quadri esposti nella seconda sala il confronto si estende a Mario Sironi, Arnoldo Ciarrocchi, Renato Guttuso, Felice Casorati. Bella dunque la felice intuizione del curatore nell'immaginare un dialogo aperto fra i grandi maestri della pittura italiana e l'artista teramano con pari dignità artistica e culturale."

Parliamo adesso di cose più intime, di natura familiare. Cosa ha rappresentato la presenza di questo nonno pittore nella tua evoluzione di bambino e di adoloscente. Ti avrà sicuramente ispirato nella scelta dei tuoi studi? 

"In verità il nonno Giovanni era molto malato. Più che malato era invecchiato, con pochissima autonomia motoria. Quando è morto avevo poco più di sei anni, però è chiaro che la personalità, ma anche le immagini, lo studio, gli ambienti, i libri , i racconti, le tele, la continuità con mio padre, anche lui pittore, sicuramente mi hanno avvicinato in maniera naturale al mondo dell'arte. E infatti la scelta più facile della mia vita è stata quella di studiare e leggere la storia dell'arte e insegnarla nelle scuole come professore di ruolo. Non posso che essergli immensamente riconoscente per gli insegnamenti anche morali che mi ha trasmesso. Sarà stata pure un pò di vocazione la mia. Chissà. Non dimentichiamo che il nonno è nato nel 1903, praticamente orfano, autodidatta. Si è riscattato attraverso lo studio e la cultura. Parliamo della Teramo di più di  cento anni fa quando fu allevato da una zia contadina, analfabeta. Una meravigliosa vecchietta piccola e pulita, come la chiama Pasquale De Antonis nella mirabile descrizione della vita nei quartieri della città nella presentazione del volume Il Paliotto. Si chiamava Domenica quella zia  che intuì le qualità artistiche del "suo Giovannino" e lo mandò a formarsi nella scuola di disegno del maestro Vittorino Scarselli il quale nè tirò fuori  una sorta di talento naturale."

Il rapporto fra Giovanni Melarangelo e il figlio Sandro. Come lo descriveresti? 

"Un dato certo è che mio padre è l'unico dei figli, tra l'altro il più piccolo, che ha proseguito  l'impegno pittorico artistico, forse accentuando di più quello politico. Mio nonno era comunista ma non ha mai svolto un ruolo dirigente. Non ha mai nascosto le proprie idee pur restando semplicemente un militante. Va detto che artisticamente all'inizio erano molto simili per quanto riguarda i toni, i colori, non i temi. E' chiaro che ognuno è figlio del proprio periodo. Mio padre si è formato a Roma con l'espressionismo. A differenza del nonno  ha un segno più deciso più grafico e mostra una pittura più carica di ideologia di contestazione e quindi di risvolto sociale. Potremmo definirlo un idealista espressionista che usa i colori non in maniera tonale. Diciamo che c'è fra loro una grande diversità anche se il talento è simile: l'uno naturale l'altro più formativo attraverso lo studio nelle accademie di belle arti. Siamo tuttavia in presenza di elementi  che rafforzano quella continuità artistica e generazionale."

Che si estende anche a te e tuo fratello ....

"Mio fratello Marino è un pittore bravo che ha studiato all'accademia delle Belle Arti ed è anche lui molto dotato, sia pure con uno stile completamente diverso. Anzi possiamo non parlare di pittura, lui usa solamente ombre, carboncini, dissolvenza formale. E' stato invitato alla Biennale di Venezia nell'edizione inaugurata da Vittorio Sgarbi dedicata alle Accademie. Anche Marino ha scelto la via dell'insegnamento di arte e immagine nella scuola media di Basciano sacrificando, in qualche modo, la sua vena artistica. Nel senso che cerca di ritagliare il tempo da dedicare alla creatività. Da questo punto di vista somiglia molto al nonno che doveva affrontare il viaggio da Teramo a Pescara per andare ad insegnare nel Liceo Artistico dal 1946 al 1961, a scapito della concentrazione necessaria da dedicare alla pittura. Cosa ben diversa dal tempo più o meno pieno dedicato alla pittura da mio padre, al pari di un professionista che organizza metodicamente la propria giornata di lavoro restando sempre sintonizzato esclusivamente con il mondo dell'arte. Vorrei ricordare solo a titolo di esempio il rapporto fecondo con Gigino Falconi o Giuseppe Fiducia, purtroppo scomparso, con cui ha condiviso l'amore per l'arte in un legame di profonda amicizia."



 

 



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