l'Abbazia di Montesanto, un esempio di fede e di rinascita dopo le calamità naturali

La notizia sul crollo del tetto della Chiesa antistante l'Abbazia di Montesanto ha creato un allarme giustificato per l'importanza del luogo non solo dal punto di vista religioso. Come un riflesso condizionato per chi ama raccontare i fatti dal vivo sono qui a verificare lo stato delle cose. La quiete dopo la tempesta mi viene subito da dire. Tutto risplende intorno sotto la luce del sole, oggi particolarmente penetrante sui dettagli rocciosi e architettonici  del baluardo borbonico di Civitella del Tronto, come se vigilasse sul colle deve svetta la torre dell'Abbazia. Vi si arriva a fatica su una stradina stretta fra due mura di neve ancora alta e indurita.
Comincio a scattare foto panoramiche come se volessi accantonare per un attimo la verifica dei danni conseguenti la grande calamità naturale dei giorni precedenti. Davanti a me una visione di impareggiabile bellezza paesaggistica, davvero benefica e ritemprante. Conviene con me anche il parroco, sorridente e cordiale, che racconta la dinamica dell'accaduto precisando che il tetto della chiesa aveva subito delle piccole lesioni sin dal terremoto del 24 agosto scorso poi accentuate in seguito all'altra scossa della fine di ottobre 2016. Il tutto era stato segnalato agli organi competenti e si era in attesa di qualche pronto intervento per evitare il peggio che puntualmente è arrivato distruggendo l'organo della chiesa. Non si segnalano danni alla tomba di Monsignor Ettore Di Filippo che dell'Abbazia è stato custode integerrimo e promotore di eventi di grande partecipazione e di forte spinta attrattiva per i fedeli e i visitatori. Una storia affascinante che il parroco ripercorre a tratti per rispondere alle domande che azzardò con discrezione. Qui si vive nel silenzio da ottobre a primavera, poi quando la neve si scioglie è veramente una fatica contenere il flusso continuo di persone in cerca di serenità e preghiera. Anche gli alberi costituiscono nell'immaginario collettivo l'espressione della benevolenza divina. Forse sarà un caso che la statua di San Giovanni Gualberto, patrono dei forestali del corpo appena disciolto, non ha subito danni, con buona pace degli agenti in servizio dalle nostre parti sotto la guida dell'attuale comandante di nome, appunto, Gualberto Mancini. E qui intorno all'abbazia un tempo, raccontano gli storici, c'era una vera e propria venerazione della natura. Grazie all'opera di San Benedetto, San Giovanni Gualberto, San Francesco d'Assisi, soprattutto durante il periodo del monachesimo, le selve si arricchiscono di miracoli e leggende che si sono tramandate fino ai nostri giorni. Come scrive con una certa efficacia un grande studioso di Archeologia Forestale, Adolfo Di Bèrenger..."gli alberi della fede sono frequenti sulle montagne e nelle campagne e continuano ad essere oggetto di devozione, poichè testimoniano la vittoria del bene sul male e il rispetto da cui sono circondati fa si che raggiungano , di frequente, maestose dimensioni e diventino autentici monumenti della natura... Anche le pratiche religiose hanno contribuito positivamente alla tutela e alla conservazione forestale". Concordo, naturalmente e cedo la parola alle immagini che invitano a costruire nuove e avvincenti







storie di questo nostro amato Abruzzo.

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