La cultura sotto l'IPOGEO




Si concludono  a Teramo, nei seminterrati dell’Ipogeo di Piazza Garibaldi,  i lavori degli Stati Generali della Cultura. Dal 19 al 22 ottobre la lunga maratona della cultura a pacchetti ha messo a confronto gli amministratori comunali e le rappresentanze di varia espressione artistica e culturale della città come non accadeva da molto tempo. Come in ogni iniziativa di un certo rilievo  non mancano polemiche di chi non è stato invitato o di chi assiste curioso ma senza tante aspettative oppure da parte di chi critica per partito preso. La cosa si trascinerà ancora per qualche altro giorno poi si tornerà a vivere alla giornata con la voglia di migrare verso altre città dove la pratica della cultura nel senso pieno del termine è inserita realmente in un sistema di relazioni fra pubblico e privato in cui  l'efficacia degli eventi si sposa benissimo con  l'efficienza di chi li promuove. A Teramo invece la vita scorre sempre più lenta  e tutto si risolve con qualche libro da presentare nella corte della biblioteca provinciale, uno spettacolo in piazza Martiri fra natale e capodanno, un consiglio comunale sui contenuti del Masterplan e sulla funivia dell’Ateneo a Colleparco, una sagra qua e una commemorazione là. La città sembra più triste del solito in questi giorni e attraversarla in centro storico, lungo un interminabile percorso di guerra, non aiuta a ritrovare la Teramo dei negozi dalle pregiate mercanzie, delle trattorie di ricercata gastronomia e delle botteghe di artigianato artistico che un tempo non tanto lontano regolavano la vita nei quartieri e nelle piazze come un orologio di alta precisione. Tale stato di cose non ci esime dall’incuria in cui stiamo precipitando. E l’arredo urbano non è secondario a qualsiasi idea di sviluppo di una società sempre più governata da intelligenza artificiale e da alta specializzazione scientifica e culturale. L’edilizia e le sue forme architettoniche sono richiami fondamentali, ammonisce Renzo Piano, per produrre cultura ma, soprattutto, per ideare spazi di raffinata fruizione del sapere e della conoscenza. E’ un fatto ormai acquisito: in centro come in periferia si ristruttura a regola d’arte ciò di cui si dispone e lo si rende competitivo e compatibile con l’ambiente. Due esempi per spiegare meglio il concetto. L’ex ospedale psichiatrico e i siti arrugginiti e sommersi dai rovi adiacenti i binari della  stazione ferroviaria. Due grandi storie della vita della città del secolo scorso, l’una in pieno centro e l’altro in periferia che si prestano egregiamente al riuso moderno come centri interattivi e pulsanti della programmazione sociale ed economica. Non è un caso se al dibattito previsto nella scaletta degli argomenti degli stati generali sul ruolo delle imprese private e degli enti nel sostegno alla cultura non vi era traccia di imprenditori cosiddetti



illuminati. Nemmeno l'ombra di una presenza formale. E’ altrettanto vero che una moltitudine di giovani ricercatori e professionisti sono stati espulsi dall’Italia e stanno fornendo il meglio delle loro energie nel nord Europa o al di là dell’oceano con ammirevoli risultati. La città di Teramo non è esente da tale negativo tributo. L’assessore alla cultura del comune di Teramo è un giovane artista e sono sicuro che condivide tale diffuso enorme disagio intellettuale. Spero che abbia la costanza di proseguire nella ricerca del consenso attorno a temi di notevole interesse per il futuro della nostra comunità che non ha più nulla del vecchio prestigio di capoluogo di provincia.

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