Bianco e nero aids: la versione di Paolo Di Giosia
Esplicito il titolo Evocativo il contenuto Essenziale l'allestimento. Definirei così il messaggio che si diffonde nelle bianche spartane stanze dell'Arca di Teramo, il laboratorio per le arti contemporanee che in questi giorni ospita la mostra HIV/AIDS di Paolo Di Giosia, in visione fino al 31 marzo 2018. In verità più che un'esposizione di fotografie piu' o meno in tema si tratta di un progetto informativo, come tiene a precisare l'autore, su un problema sociale mai scomparso, spesso rimosso, a volte affidato ai crudi indicatori statistici che elencano decessi e diagnosi impietose nelle stanze di ospedali o di centri specializzati. Ed ecco allora che il linguaggio dell'arte per immagini restituisce comprensione a parole impronunciabili, fa emergere la sofferenza dei corpi in dissolvimento, scuote l'animo partecipativo di ognuno di noi per prevenire il pericolo sempre in agguato e attenuare ad un tempo i guasti che l'indifferenza e l'ignoranza producono in modo devastante per il genere umano. In tal senso Paolo Di Giosia s'immerge senza titubanze nei meandri della scienza medica e della casistica comportamentale per offrirci una suggestiva narrazione in bianco e nero attraverso fotografie analogiche di pregiata fattura tecnica ed artistica che incuriosiscono lo sguardo del visitatore. Chiaroscuri netti e seducenti sotto l'aspetto cromatico. Nudità di figure senza tempo che sfumano nell'oscurità di anonimi e inospitali spazi urbani. Quello che più colpisce dialogando con l'artista non è l'aspetto autoreferenziale del bravo fotografo quanto la voglia di spiegarti i percorsi culturali e professionali che lo inducono ad affrontare tematiche complesse e di difficile presa in una società pressoché distratta e frettolosa. Perciò la trama del suo racconto sull'aids promana rigorosamente in bianco e nero con fotogrammi continui che svelano ossessioni e invitano alla prevenzione. In primo piano due giovani graffitari che appuntano consigli e raccomandazioni sulle mura screpolate di lontane periferie....fai il test anche tu...non infettare gli altri...Nella
stanza attigua la lettera scritta a mano da Daniele Kihlgren invita a
riflettere sulla sua condizione di soggetto positivo al virus HIV.
Anche qui parole, nero su bianco, fissate su un piccolo scrittoio ai cui
piedi, al centro della stanza, s'apre un telo bianco che conduce
all'uscita. Suggestioni metaforiche che invitano alla riflessione ..."combattere
lo stigma sociale è la missione di sempre. Dichiarare apertamente di
essere sieropositivi l'unica mossa per vincere la guerra del
pregiudizio. Abbiamo il dovere di dirlo alle persone più intime, per
poter dare loro il legittimo diritto di scelta e anche di rifiuto". Il
tutto avvalorato dal sostegno di amici e colleghi di Paolo Di Giosia,
dei vertici dell'Azienda USL di Teramo, della curatrice della mostra
Alessandra Angelucci e della casa editrice Ricerche e Redazioni che ha
firmato la stampa del catalogo.
Commenti
Posta un commento