"Jazz istruzioni per l'uso": dal libro di Massimo Nunzi spunti per una riflessione con Michele Fina, Simona Molinari e Angelo Valori
Il jazz al centro del quarantesimo incontro di
“Un libro, il dialogo, la politica”, la rubrica in diretta Facebook
curata da Michele Fina. E' stato soprattutto lo spunto per riflettere sulla fase delicata e cruciale che
sta attraversando il mondo della cultura e dello spettacolo. Punto di partenza il libro “Jazz. Istruzioni per
l’uso” del compositore e divulgatore Massimo Nunzi. Ospiti, oltre
all’autore, la cantautrice Simona Molinari e il direttore artistico del
“Pescara Jazz” Angelo Valori.
Per Fina "il libro è perfetto non solo per gli appassionati ma per chi vuole conoscere la storia del jazz italiano. Nasce come musica popolare, poi diventa di nicchia ma in molti suoi percorsi di ricerca ha recuperato un linguaggio capace di parlare a molti”.
Per Fina "il libro è perfetto non solo per gli appassionati ma per chi vuole conoscere la storia del jazz italiano. Nasce come musica popolare, poi diventa di nicchia ma in molti suoi percorsi di ricerca ha recuperato un linguaggio capace di parlare a molti”.
Nunzi ha raccontato che il suo lavoro, nato da un progetto musicale che si è sviluppato a Roma, prende le mosse “da un desiderio di condivisione. Il jazz è tutt’altro che una musica elitaria, è una lingua che ha bisogno di essere compresa, è la musica che ha storicamente sintetizzato meglio l’incontro – scontro tra culture. Gli italiani vi hanno portato il loro linguaggio melodico. In generale si può affermare che l’orchestra jazz è come una società perfetta dove tutti contribuiscono al bene comune”.
La
natura popolare del jazz è testimoniata dal percorso di Simona
Molinari, che ha aggiunto: “Vado e vengo dal jazz, lo considero un mio
punto di partenza, sin da quando ero molto piccola. Mi sono innamorata
di questo linguaggio ascoltando Ella Fitzgerald, poi il legame è
proseguito negli studi ed è rimasto nel mio lavoro, diventando un pop –
jazz. Ho cercato di fare leggere il jazz anche a chi ascoltava il pop”.
L’Abruzzo è una sorta di terra eletta al jazz, a partire dal festival Pescara Jazz, attivo con continuità dal 1969, ad eccezione dell’interruzione dal 1976 al 1980. Il direttore artistico Angelo Valori ha rivendicato: “Lo scorso anno nel quadro difficilissimo siamo stati i primi ad annunciare che si sarebbe tenuto comunque. Nel corso dell’edizione 2020 il jazz italiano ha dimostrato tutto il suo valore internazionale. In generale l’Abruzzo si presta moltissimo al jazz, è un territorio ideale anche per la sua natura verde e sostenibile, caratteristiche da molti anni unite a questo linguaggio musicale. Molti professionisti abruzzesi, non a caso, sono all’apice a livello nazionale”. Oltre alla manifestazione di Pescara, da ricordare l’iniziativa che da alcuni anni si svolge all’Aquila, ma anche altre in tutto il territorio regionale.
La seconda parte del dialogo è stata dedicata all’attualità. Fina ha ricordato il recente stanziamento di cinquanta milioni per il fondo per lo spettacolo di cui beneficerà anche il jazz definendolo “un segnale importante” e l’impegno del Partito Democratico abruzzese per sostenere i lavoratori dello spettacolo, particolarmente colpiti dalle restrizioni: “Occorre che venga superato il loro status atipico. Il mondo della cultura attraversa una transizione che deve essere accompagnata”, con particolare attenzione alle donne, che ne hanno risentito più dei colleghi uomini.
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