Gran Sasso, ferite e cure del bene comune
La guerra delle parole non risolverà i problemi che indeboliscono
l'Abruzzo nelle sue preziose risorse ambientali. Tuttavia considero la forte
reazione per le devastazioni incendiarie a Fonte Vetica un sacrosanto dovere
civico che serve a mantenere alta la guardia sui valori indiscutibili di
conservazione e tutela del patrimonio comune. In tal senso ritengo che il
Gran Sasso d'Italia e il Parco, istituito quest'ultimo per difenderne
l'identità naturalistica, costituiscono un unicum
inscindibile. La nostra generazione ha sognato e costruito senza titubanze
l'idea di regione verde del continente europeo oltre ogni immaginazione. Perciò
desta profonda impressione constatare in questi giorni che la polemica mista a
delusione per la carenza delle
precauzioni del caso in uno dei punti più affascinanti ma anche tra i più
fragili della catena appenninica, si
trasformi in una campagna di risentimenti e carte bollate ignorando che a
ridosso di ferragosto in Abruzzo, dalla Val Chiarino alle limpide acque del
Tirino, la natura viene presa d’assalto da moltitudini di persone accaldate e
irrispettose nei confronti di quel mondo
vegetale e animale che li ospita. E’
illusorio pensare di arginare il
fenomeno dilagante solo con divieti e prescrizioni senza investimenti
consistenti oltre il senso di responsabilità di carabinieri forestali e dei vigili
del fuoco. Qualche considerazione sul senso da dare a certe manifestazioni a
oltre cinquant'anni dalla loro ideazione. La Fiera della Pastorizia costituisce
nell’immaginario comune un momento significativo di verifica dello stato di
salute di un’economia rurale montana sostenuta per decenni dalla Camera di
Commercio dell’Aquila ma, oggi, molto ridimensionata rispetto ad un glorioso
passato di ricchezza e autorevolezza territoriale. Ciò comporta una revisione
organizzativa dell’evento per rilanciarne il valore sul piano della qualità del
prodotto e dei suoi riflessi reali nell’economia abruzzese. L'Ente Parco e il
Comune di Castel del Monte sono gli
alleati naturali per competenze normative e territoriali per regolare
definitivamente i flussi e le permanenze sull'altopiano e rimarginare le gravi ferite
sociali e paesaggistiche. Dobbiamo attrarre per i nostri pregi e non accumulare
negatività. Raccontiamola tutti insieme la millenaria storia della transumanza,
la renderemmo senz'altro più accattivante dei motoraduni e dei bivaccamenti se
la descrivessimo come benefico esempio di migrazione antropologica e culturale
in cui si composero i conflitti e fiorirono gli scambi commerciali dal
Mediterraneo all'Europa. Intensifichiamo dunque l'educazione ambientale nelle
scuole. Formiamo guide turistiche autoctone e offriamo servizi eco sostenibili
di trasporto e ristorazione nel pieno rispetto della conoscenza dei luoghi e
della loro elevata biodiversità. Ci sentiremmo tutti più stimolati a
sorvegliare e prevenire comportamenti irresponsabili e altamente nocivi.
E’ giunto il momento di coniugare con lungimiranza il merito secolare dei
nativi di questo incantevole massiccio montuoso, perennemente attraversato da alpinisti e
scienziati, da monaci e papi, con le azioni di enti e istituzioni consapevoli
di avere per le mani un capitale naturale durevole e
remunerativo al pari dei
beni culturali ed artistici. Da questo punto di vista la parola passa alla
politica, ancora poco incline verso la sostenibilità dello sviluppo abruzzese, mentre
si fronteggiano come acerrimi nemici le associazioni ambientaliste e il
bistrattato mondo dei parchi. A chi giova tutto ciò?
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