TERAMO per immagini in mostra all'IPOGEO

E' stata veramente una bella serata l'apertura al pubblico nei sotterranei dell'Ipogeo della mostra di fotografia dal titolo "Scenari d'Autore", dedicata ad una Teramo insolita e per certi versi surreale. Non era affatto scontata la riuscita di un'operazione culturale complessa rispetto alla città dolente e poco reattiva alle sollecitazioni delle arti visive in genere. E, invece, tutto si è svolto all'insegna della naturalezza e del buon gusto creativo con il piacere di trascorrere un paio d'ore in compagnia di vecchi e nuovi amici. Un nutrimento ghiotto di emozioni e sensazioni che non mi accadeva da tempo immemore. Perfino l'Ipogeo m'è parso luogo adatto all'allestimento, ideato e reso accogliente dai maestri dell'immagine e dalla casa editrice che ne ha curato l'eccellente lavoro di comunicazione facilitando, in tal modo, la nostra comprensione della realtà che ci circonda. In una miriade di fotogrammi dai colori intensi e persuasivi Giampiero Marcocci
illustra l'urbano declino della città in preda a follie graffitarie e rifiuti a cielo aperto negli angoli più rappresentativi della storia d'Interamnia. Insomma egli traccia un elenco lunghissimo di abusi e manomissioni destinati a generare conflitti e a negare civiltà e progresso. Una messa a nudo di atti e misfatti che secondo l'autore prelude ad una rinascita della sua amata città attraverso una presa di coscienza da parte di chi la amministra e di buona parte del popolo aprutino che sa ben comprendere il valore del paesaggio urbano.


Marco Divitini

Armando Di Antonio






Maurizio Anselmi 

Gli fa eco Marco Divitini con le sue immagini esposte in fondo alla curva dell'ampio salone espositivo. Tutta un'altra Teramo quella che mostra in bianco e nero il fotografo di origini bresciane. Onirica e magica. Candida e fluorescente nei dettagli arborei o architettonici. Un vero e proprio inno alla purezza del paesaggio urbano quasi fosse il giardino dell'Eden, sia pure antropizzato ma ben tenuto. Senza dubbio esprime una nobiltà d'animo accompagnato da una tecnica ineccepibile ed apprezzata. Sguardi altrettanto incisivi appaiono
L'IPOGEO
quelli impressi da Maurizio Anselmi e Armando Di Antonio, due capitani di lungo corso nel variegato e fascinoso mondo della fotografia oltre i confini regionali.  Con Maurizio ho condiviso tante cose in anni ormai lontani  e ne ho sempre ammirato l'estro artistico e l'indole sperimentale fuori del comune. Ritrovarlo in bianco e nero tra gli sguardi d'autore mi ha riportato alla mente un lavoro giovanile condiviso nella stesura dei testi di un bel calendario dedicato alle mani che toccano, plasmano, trasformano e vivono nel mondo artigiano. Chissà se ne conserva una copia? L'altra sera, all'Ipogeo, è stato come riprendere un discorso lasciato a metà. Egli mi ha guidato per le strade vuote di Teramo con lo stesso piacere di raccontare le differenze sostanziali fra il paesaggio montano che per anni  ha descritto mirabilmente dall'alba al tramonto (famosi nel mondo i ritratti di pastori pubblicati sul prestigioso "Hasselblad bulletin") e quello urbano prigioniero del caos e dell'incuria. Tuttavia le sue immagini non sono inquietanti. Al contrario, esse rivendicano necessità e bisogni rispondenti ai tempi moderni. Come se volesse avvertirci che a Teramo il tempo è bloccato su una concezione statica dell'organizzazione della vita cittadina. Le strade sconnesse, i lampioni cadenti, la segnaletica ammassata, le rotatorie strozzate e anacronisticamente decorate, scatti continui su scampoli di città deserta e alienante. Armando Di Antonio e l'esaltazione della camera oscura, mi viene subito da sottolineare. Il suo sguardo d'autore infatti non ha il senso delle cose contemporanee come testimoniano le sue immagini adagiate sopra tavolinetti scuri e lasciate interagire con la curiosità del visitatore. Una maniera originale per scoprire Teramo com'era qualche anno fa, all'epoca dei rullini e delle diapositive, quando nessuno immaginava il prepotente avvento dell'era digitale e dei pixel a profusione. Dettagli narrativi davvero speciali per gli amanti del bianco e nero dai forti contrasti che esplodono sui lucidi selciati o tra le foglie rampicanti sui muri di case anonime oggi,  forse, sparite nell'eterna declinazione del tempo e dello spazio. Non per questo, però, sono foto d'archivio. Esse restano tuttora sospese sul filo della memoria di Armando come metafore dell'assenza, per citare una delle opere più suggestive del bravo fotoreporter del Messaggero, amico ed estimatore di Mario Giacomelli, uno dei grandi maestri della fotografia moderna.  In conclusione l'evento potrà produrre effetti dirompenti ma decisamente utili nella rimodulazione urbanistica e nel rispetto del bene comune. Del resto con tante idee e pochi mezzi quattro maestri dell'immagine e una casa editrice teramana d'avanguardia come Ricerche e Redazioni hanno offerto spunti di riflessione interessantissimi in questa delicata fase di ricostruzione che attraversa la città di Teramo non solo dal punto di vista edilizio. Mi sembra di capire che la mostra duri fino al prossimo mese di ottobre perciò consiglio di visitarla  con la giusta serenità d'animo, possibilmente in sintonia con gli sguardi degli autori.

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