Campo Imperatore e Torre di Cerrano: capitali naturali ineguagliabili

 di Marcello Maranella

Torno volentieri a parlare di due luoghi  altamente significativi dell'immagine abruzzese nel mondo: Campo Imperatore,  definito piccolo Tibet per la sua unicità paesaggistica dal bravo scrittore e alpinista Fosco Maraini e la Torre di Cerrano nelle cui acque marine si celano i moli sommersi dell'antico porto di Atri. Mi riferisco a storie millenarie di pastori e pescatori transumanti fra l'Appennino e il Mediterraneo. Due punti cardinali imprescindibili per ogni operatore che abbia l'ambizione di raccontare o tutelare due territori classificati per motivi diversi Parchi Nazionali il cui fine principale rimane quello di  diffondere nel mondo, tra l'altro, l'immagine della Regione Verde d'Europa.  Eppure proprio in questi giorni a Campo Imperatore e nelle Terre del Cerrano le associazioni ambientaliste hanno notevolmente alzato il tono della polemica contro chi è preposto a difenderne i valori di biodiversità e chi utilizza selvaggiamente l'ambiente alla faccia della difesa del bene comune. Due gli oggetti del contendere. Il primo sull'altopiano di Campo Imperatore, nei pressi di Fonte Vetica, un motoraduno ha letteralmente trasformato i prati circostanti in un immondezzaio inguardabile, sterminando un habitat di specie rare del mondo vegetale ed animale su cui si concentra la ricerca scientifica accreditata con fondi nazionali ed europei.  Il secondo riguarda il tratto di strada asfaltata a fianco della ferrovia che dal versante di Silvi Marina porta all'ingresso della Torre di Cerrano in cui si concentrano gli uffici di Laboratorio di biologia marina e pesca e quelli dell'Area Marina Protetta. Due episodi balzati prepotentemente agli onori della cronaca locale che hanno riacceso conflitti parzialmente sopiti su cui gli ambientalisti hanno preannunciato battaglie radicali e accertamento degli atti amministrativi alla ricerca di eventuali capri espiatori. Come si può ben comprendere da questo punto di vista siamo di fronte ad una fase di passaggio nella difesa dei nostri ecosistemi, resi sempre più fragili e indifesi dai continui tagli ai fondi per la conservazione e la tutela dell'ambiente e dallo smantellamento del Corpo Forestale che, con tutti i limiti che si vogliono addebitare, costituiva un argine efficace contro i reati ambientali, primo fra tutti la difesa dell'ingente patrimonio forestale italiano oggi, più che mai, insidiato da incendi devastanti e dolosi. Tornando ai fatti di casa nostra aggiungo che di questo passo non risaliremo la china di territorio accogliente e rilassante dopo i tragici eventi calamitosi di gennaio scorso. Non abbiamo nessuna possibilità di competere con il resto d'Europa verde quando i nostri laghi, i boschi, il Gran Sasso d'Italia vengono mostrati come luoghi d'assalto da parte di orde barbariche irriguardose e incontrollate. Per quel che ricordo della mia esperienza in campo ambientale nessuna attenzione va posta a richieste melliflue di motoraduni, rave party, manipolazioni camuffate del bene natura. O si protegge, la natura, o la si annienta! O si comprende che passeggiare in un bosco fra alberi monumentali fa bene allo spirito oppure si diventa complici di chi ha interessi reconditi di malaffare. O si approva o non si approva la Legge Quadro in materia ambientale, meglio conosciuta come 394 dall'ottimo impianto legislativo. O costruiamo insieme una generazione di fautori  del turismo naturalistico o favoriamo incoscientemente la trasformazione dei nostri monti e dei nostri mari ma anche dei prodotti della nostra rigogliosa campagna in terra di conquista di predatori senza scrupoli. O buttiamo a mare l'opera insigne di studiosi e di chi ha mantenuto integre nei secoli le meraviglie del creato o ci rivestiamo di orgoglio per meritarci un minimo di gratitudine da parte di chi verrà dopo di noi a cui affidare il testimone.  






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