Se l'Appennino si spopola non è solo colpa del sisma

Oggi pomeriggio ad Amatrice si celebreranno i funerali delle vittime del tragico terremoto dopo giorni estenuanti di accanimenti mediatici di ogni genere. Tutti sanno tutto e, soprattutto, chi non ha affatto dimestichezza con la scrittura diffonde imbecillità a profusione. E' la saga dei tuttologi e dei "giusti" secondo cui la colpa è sempre dell'altro. Il terremoto diventa un evento marginale. La dissoluzione di antiche comunità dell'Appennino sembra non percepibile nella sua tragica dimensione. E pensare che appena sette anni fa a L'Aquila, alla stessa ora circa, altre vite, giovani vite essenzialmente, si spensero a causa di gravi leggerezze umane imperdonabili. Come in preda ad una maledizione le antiche popolazioni italiche continuano a pagare un prezzo altissimo di fronte agli avvertimenti della natura a cui  non seguono mai comportamenti coerenti per evitare il dissolvimento di un immenso patrimonio accresciuto nei secoli in ogni angolo della penisola. Alla genialità e alla creatività espresse in epoche rinascimentali dai nostri illustri antenati non corrispondono oggi interventi conservativi e di alta manutenzione di ciò che dovrebbe costituire per il mondo intero una meta unica ed esclusiva. Quella che in estrema sintesi l'arte, la letteratura, le scienze, il paesaggio, i borghi e la vita in essi racccchiusa conficurano nella Grande Bellezza di Natura e Cultura.
Ogni volta le ruspe accatastano importanti eredità sociali e culturali che non trasmetteremo mai alle nuove generazioni.
Pensiamo solo per un attimo al Gigante che dorme fra i suoi relitti glaciali e la sua elevata ricchezza biologica. Pensiamo al Gran Sasso d'Italia

come la vetta più alta della catena appenninica, che si affaccia sul Mar Mediterraneo, icona per eccellenza della millenaria storia della transumanza che attrae e si lascia attraversare da pastori, alpinisti, da studiosi e artisti, da monaci e papi che lasciano tracce indelebili del loro solitario cammino. Pensiamo ai Monti della Laga e alle sue inestimabili gemme di biodiversità sparse fra la Val Chiarino e il Lago di Campotosto in perfetta condivisione con le terre amatriciane e le pendici di Accumoli e Arquata del Tronto. Di questo vivono e sono orgogliosi gli operatori turistici e le guardie forestali, gli agricoltori e gli allevatori. Reali custodi di meraviglie naturalistiche del centro Italia che ci rende un pò speciali. A maggior ragione in questi momenti di genuina solidarietà da ogni parte d'Italia bisogna sforzarsi di vivere il futuro come un nuovo inizio insieme a chi è sopravvissuto in una società complessa ma pur sempre alle prese con importanti se non decisive trasformazioni. In mezzo al mondo del volontariato, della protezione civile, dei vigili del fuoco, dell'ambientalismo e delle professioni si stanno evidenziando ancora una volta competenze e doti umane che risulteranno ancor più preziose nei momenti della ricostruzione. Mi sembra di capire che unanimemente le voci istituzionali e la volontà degli operatori locali esprimano consapevolezza nella gestione partecipativa della ricostruzione in quei territori di filiere produttive fortemente legate all'immagine del piatto tipico amatriciano. Ciò renderebbe onore alla loro tenacia ed eviterebbe un ulteriore, lacerante spopolamento di un'area già disperatamente colpita. Il Presidente del Consiglio Renzi ha disposto misure adeguate alla situazione preannunciando, fra l'altro, la costitizione di Casa Italia. Bene, ma  il problema lo conosciamo tutti. Investire per prevenire tragedie è ormai priorità assoluta e indifferibile. Impedire che il malaffare primeggi indisturbatamente nella penombra della burocrazia e nella destinazione dei fondi è un dovere nella memoria di chi è rimasto vittima dell'ennesima, immane tragedia..

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