Aurelio Anselmo GRUE: grande interprete della maiolica nel settecento fra CASTELLI e ATRI
Un capitolo nuovo, decisamente interessante, si è aperto sulla produzione di ceramica artistica nel settecento che da Castelli trasmigra ad Atri intorno alla figura di Aurelio Anselmo Grue. Lo storico dell'arte, Fernando Filipponi, classe 1978, nato a Teramo ma operativo a Parigi alla guida del progetto Chantier per una ricerca della Fondazione Patrima sui vetri veneziani antichi, ha dunque il merito di aver riportato alla luce uno spaccato artistico e culturale della famosa dinastia di Carlo Antonio Grue in cui il figlio prediletto, Anselmo..."inaugura un nuovo filone nella decorazione maiolica, subito apprezzato e replicato da molti decoratori, contemporanei e successivi". La storia. Atri, 17 maggio 1723, convento di San Antonio Abate fuori le mura. Carlo Antonio Grue "della terra dei Castelli" affida al notaio Francesco Matteo Binni, e al tratto della sua penna spesso e indelebile, le regole con cui dividere tra i figli, dopo la sua morte, tutti i beni e le proprietà della famiglia. L'unica eccezione in tale contesto familiare è costituita da Anselmo Aurelio, il quale non ha usufruito dei beni di famiglia ne per studi ne per lavori lontano da casa ma, ormai ventiquattrenne, puntualizza il più famoso genitore, fa "professione della Pittura in casa". Gli affari di famiglia nella città dei duchi Acquaviva. Dal testamento dell'artista emerge chiaramente la volontà di affidare al primo dei tre figli avuti dalla prima moglie, Orsola de Virgilis di Collecorvino, il compito di tenere alto nel futuro il simbolo araldico della gru consolidando la collaborazione fra maestro-allievo-padre-figlio all'interno della bottega artigiana. Come a voler sottolineare un forte vincolo di passione culturale e affettiva che mira a salvaguardare il diritto d'autore non solo sotto il profilo artistico quanto nella custodia di tecniche, conoscenze e maestrie varie da tramandare nel tempo. Con queste interessanti premesse lo studioso teramano Fernando Filipponi ha presentato i risultati di una lunga ricerca sulla maiolica nel settecento fra Castelli e Atri attraverso le opere e la personalità di Aurelio Anselmo Grue, condensati nell'omonimo volume stampato per i tipi di Verdone Editore. A fianco dell'autore due prestigiose autorità della materia: Lucia
Arbace, Direttore del Polo Museale dell'Abruzzo e Emilia Calbi, Professoressa del Dipartimento delle Arti "Alma Mater Studiorum" dell'Università di Bologna. "Sono ben lieta di far da madrina a questo volume dedicato al più giovane della operosa cucciolata Grue" ha sottolineato la Dottoressa Arbace, rivendicando precedenti intuizioni di cui Fernando Filipponi, grazie alle sue approfondite ricerche maturate al termine di un accurato percorso universitario ne ha seguito la traiettoria. Un contributo determinante che sottolinea la lettura del paesaggio interpretata da Aurelio della grande storia della transumanza fino a tratteggiare una componente ecologica dell'arte di altissima levatura. E, al tempo stesso, offre una rappresentazione di un'economia ricca che veicola interessi importanti nel territorio. Pascoli, costume, paesaggio costituiscono una rara testimonianza di espressione artistica unitamente ai materiali usati come i colori, i forni, gli attrezzi. Ad ogni dotta considerazione dei presentatori si accompagnano le immagini e i decori originali del giovane maiolicaro. "E' dunque con una buona dose di coraggio e di fiducia che si è intrapreso questo studio", ha evidenziato Emilia Calbi, "con il preciso intento di restituire un'identità ad un artista ancora poco considerato sia dagli studiosi locali che dagli sèecialisti del settore". Del resto il lavoro certosino di Filipponi apre nuovi scenari che vanno al di là della ricerca antologica sulle condizioni economiche dei Grue e le interrelazioni fra i familiari. "Aurelio è una clonazione del padre dal punto di vista artistico ma, innovando profondamente la tradizione, egli segna il passaggio dal barocco al rococò", puntualizza lo storico dell'arte. "La cifra stilistica di Aurelio è molto più delicata di quella paterna". Dunque la ricerca continua e su quali filoni?, chiedo all'autore. "Ho già redatto un catalogo inedito con interpretazione stilistico e formale, frutto di un'attenta ricognizione delle opere sulle collezioni pubbliche e private, cataloghi d'arte del mercato dell'epoca. Ancora più interessante è il recupero dell'individuazione delle fonti a stampa per la creazione degli oggetti. La quasi totalità delle opere è stata rintracciata attraverso fonti iconografiche, gli editori e gli stampatori. Senza trascurare il contesto storico economico che fa da sfondo ai committenti". L'obiettivo, evidentemente, è quello di procedere ad altre attribuzioni ad Aurelio Grue, come alcuni pezzi ancora in cerca d'autore. In attesa di ulteriori sviluppi Fernando Filipponi sorride soddisfatto come se volesse dire...siamo solo all'inizio!
Arbace, Direttore del Polo Museale dell'Abruzzo e Emilia Calbi, Professoressa del Dipartimento delle Arti "Alma Mater Studiorum" dell'Università di Bologna. "Sono ben lieta di far da madrina a questo volume dedicato al più giovane della operosa cucciolata Grue" ha sottolineato la Dottoressa Arbace, rivendicando precedenti intuizioni di cui Fernando Filipponi, grazie alle sue approfondite ricerche maturate al termine di un accurato percorso universitario ne ha seguito la traiettoria. Un contributo determinante che sottolinea la lettura del paesaggio interpretata da Aurelio della grande storia della transumanza fino a tratteggiare una componente ecologica dell'arte di altissima levatura. E, al tempo stesso, offre una rappresentazione di un'economia ricca che veicola interessi importanti nel territorio. Pascoli, costume, paesaggio costituiscono una rara testimonianza di espressione artistica unitamente ai materiali usati come i colori, i forni, gli attrezzi. Ad ogni dotta considerazione dei presentatori si accompagnano le immagini e i decori originali del giovane maiolicaro. "E' dunque con una buona dose di coraggio e di fiducia che si è intrapreso questo studio", ha evidenziato Emilia Calbi, "con il preciso intento di restituire un'identità ad un artista ancora poco considerato sia dagli studiosi locali che dagli sèecialisti del settore". Del resto il lavoro certosino di Filipponi apre nuovi scenari che vanno al di là della ricerca antologica sulle condizioni economiche dei Grue e le interrelazioni fra i familiari. "Aurelio è una clonazione del padre dal punto di vista artistico ma, innovando profondamente la tradizione, egli segna il passaggio dal barocco al rococò", puntualizza lo storico dell'arte. "La cifra stilistica di Aurelio è molto più delicata di quella paterna". Dunque la ricerca continua e su quali filoni?, chiedo all'autore. "Ho già redatto un catalogo inedito con interpretazione stilistico e formale, frutto di un'attenta ricognizione delle opere sulle collezioni pubbliche e private, cataloghi d'arte del mercato dell'epoca. Ancora più interessante è il recupero dell'individuazione delle fonti a stampa per la creazione degli oggetti. La quasi totalità delle opere è stata rintracciata attraverso fonti iconografiche, gli editori e gli stampatori. Senza trascurare il contesto storico economico che fa da sfondo ai committenti". L'obiettivo, evidentemente, è quello di procedere ad altre attribuzioni ad Aurelio Grue, come alcuni pezzi ancora in cerca d'autore. In attesa di ulteriori sviluppi Fernando Filipponi sorride soddisfatto come se volesse dire...siamo solo all'inizio!
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