Il fiume vive
Ci risiamo. Il fiume Tordino è una bomba ecologica, tuonano gli ambientalisti! Tutto ciò che viene scaricato sul fiume si accumula sulla battigia della costa teramana e con l'arrivo dell'estate anche i depuratori malfunzionanti stracciano l'ambita bandiera blu del turismo di casa nostra. Sai che novità! Tuttavia non si può restare con le mani in mano. A tal proposito  voglio raccontarvi un episodio di qualche mese fa che la dice lunga sul rapporto fra i teramani e il fiume. A passo spedito e a tratti correndo mi godevo una splendida giornata di sole fra gli alberi e i canneti del lungofiume, perfettamente in sintonia con l'antico adagio "...mens sana in corpore sano...". Qua e là addetti alla manutenzione delle staccionate e degli angoli attrezzati offrono una bella immagine di efficienza e di cura di quello speciale ambiente urbano. Mi fermo per complimentrarmi e ad uno di loro chiedo se la stessa attenzione viene riservata all'altro tratto del Vezzola. Si perchè, come è noto, la città vive fra due fiumi, risponde deciso l'operaio, e con un sorriso beffardo aggiunge  "ma il Tordino è tutta un'altra storia"! Tanto di cappello a quel signore che inconsapevolmente ci induce a riscoprire il processo identitario delle popolazioni lungo le vallate del Tordino e del Vezzola. Un territorio vissuto da gente comune e raccontato storicamente dall'interno delle case, dalle aie , dalle gualchiere, dai mulini. Memoria e paesaggio di una vallata ricca di riferimenti storico economici con particolare incisività sui metodi introdotti dagli Acquaviva sulla coltivazione del riso e sulle nefaste conseguenze prodotte dalla malaria. Ma anche asperità inferte da frequenti tracimazioni con conseguente deforestazione di essenze arboree di abeti, faggi, cerri, carpini, tassi, aceri, tigli, ontani, come annotavano scrupolosamente Giuseppe Maria Galanti nel suo Giornale di viaggi negli Abruzzi o Keppel Craven, viaggiatore inglese che a metà degli anni trenta del secolo scorso visitò Teramo e la sua provincia. Vicende passate di una natura regolatrice, nel bene e nel male, delle sorti dei suoi abitanti che dovrebbero illuminare il futuro della risorsa acqua. Un bene comune tanto prezioso quanto fragile, troppo spesso insozzato da vili faccendieri noti ma imprendibili. Sul Tordino come sull'Aterno tutto finisce in prescrizione e i comuni attraversati dai veleni più nocivi per la salute dell'uomo continuano ad indebitarsi per la raccolta differenziata di tanto schifo. Possibile che non si possa prevenire il danno? Dove sono le guardie ecologiche appositamente formate dalle province e dalla regione? Chi controlla la qualità dei prodotti coltivati luogo gli argini del fiume? Intanto, fra il danno e la beffa, ci si sente rispondere dagli organi di vigilanza...ci sono fondati sospetti ma come si fa ad intervenire senza prove certe? In tal modo più che la certezza del diritto viene assicurta la garanzia del profitto!

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